È un giorno di grande amarezza. Abbiamo aspettato tanto per arrivare a questa sentenza di primo grado, che oggi purtroppo ridimensiona sensibilmente le responsabilità dei dodici imputati. In particolare l’assoluzione degli agenti penitenziari e degli infermieri è davvero inspiegabile. Come se Stefano Cucchi fosse morto da solo e non mentre si trovava in loro custodia. Sono passati quasi quattro anni dalla sua morte, e due dalla prima udienza del processo. In aula bunker a Rebibbia ho ascoltato la sentenza accanto alla famiglia Cucchi. Pensavo che la giustizia oggi avesso potuto ridare dignità e verità. A loro in primo luogo, che in questi anni hanno affrontato un processo lungo e difficile, e a tutti quelli che si sono battuti per affermare una realtà che era sotto gli occhi di tutti: Stefano è stato picchiato brutalmente in carcere. E lì è stato fatto morire di stenti.
Continueremo ad essere accanto ad Ilaria e ai genitori di Stefano in questa lotta per la giustizia. Rilanceremo con più forza le proposte di Sel: l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano, le urgenti modifiche al testo unico sugli stupefacenti proponendo pene inferiori per il possesso relativo alle droghe leggere, l’abrogazione della “ex legge Cirielli” su recidiva e prescrizione dei reati, l’abolizione del reato di immigrazione clandestina. Non è più possibile aspettare: serve un progetto per l’inserimento di pene alternative alla detenzione. Lo dobbiamo a Stefano e a chi come lui ogni giorno vive una condizione vergognosa in carcere, non degna di un Paese civile.