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Per una vera e trasparente riforma del diritto d’autore

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La Siae è la società in Europa con più dipendenti, con un rapporto raccolta/costi molto basso. Come denuncia la Federazione degli Autori, negli anni gli autori italiani sono stati privati di centinaia di milioni per permettere di finanziare una struttura elefantiaca, burocratica ed inefficiente, guidata da un vertice attento a tutto tranne che ai proventi economici degli stessi autori;

La minor efficienza della Siae, dice l’Istituto Bruno Leoni, rispetto agli organismi esteri equivalenti, costa agli autori, ai discografici e ai fruitori di opere musicali protette complessivamente circa 13,5 milioni di euro annui. I bassi tassi di efficienza della Siae si ripercuotono negativamente sull’industria culturale italiana e sulla capacità di diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione;

Il nuovo statuto, approvato durante il commissariamento, ha creato una piena subordinazione della Siae alle multinazionali discografiche, tagliando fuori le arti con meno successo commerciale dalla rappresentanza. Nel sistema elettorale ideato ogni associato esprime un voto per ogni euro che la Siae raccoglie a suo favore. In altri termini ogni associato esprime un numero di voti pari al numero di euro guadagnati, un’alchimia che trasforma il reddito in partecipazione azionaria. Il risultato di tale progettazione è scontato: poche decine di associati esprimono ciascuno milioni di voti. Così il nucleo duro nelle multinazionali e nei pochi grandi editori musicali nazionali hanno il controllo della Siae.
 Somiglia già ad una privatizzazione senza che i soci di maggioranza mettano a rischio un proprio euro nella costituzione del capitale sociale. Il rischio imprenditoriale è del tutto assente.

Come riportato ed evidenziato dalla stampa, la Siae nel bilancio 2012 ha compensato le perdite di oltre 25 milioni di euro in meno rispetto all’anno precedente con ricavi percepiti da attività che nulla hanno a che vedere con le finalità e gli scopi principali della società: come i soldi incassati dall’Agenzia delle Entrate per lo svolgimento di attività ispettive e dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Soldi che sono serviti a far quadrare i conti durante la gestione commissariale e che hanno permesso di chiudere in utile il bilancio 2012;

Il bilancio dell’ente pubblico deriva solo per il 50% dall’attività istituzionale e per il restante si affida a rendite finanziarie, plusvalenze (come se fosse una finanziaria) e una operazione immobiliare sottoposta ad indagine;

La società continua a manifestare una profonda arretratezza: dalle nuove tecnologie la Siae riesce ad incassare la modesta somma di 5/6 milioni all’anno. Nonostante servizi carenti la società presenta costi per gli associati tra i più elevati tra i paesi comunitari. Tutto ciò, unito alla mancata produttività, riscontrabile in tutti i bilanci presentati dalla Siae in confronto alle società di collecting europee, e ad una carente trasparenza di gestione non fa altro che prefigurare la forte necessità di cambiare lo stato delle cose nell’ente pubblico Siae.

Crediamo che l’ipotesi contenuta nella mozione Romano di Scelta civica presentata oggi, miri principalmente ad un’operazione gattopardersca: cambiare tutto per non cambiare niente. E quindi miri alla tutela di questo status quo e crei le condizioni per salvaguardare gli interessi dei più importanti associati alla Siae, dimenticando l’aiuto mutualistico e solidale della società, ovvero la creazione di prospettive di affermazione per autori emergenti, intelligenze e creatività che dovrebbero continuare a garantire linfa vitale alla cultura del Paese.

Durante la discussione del decreto valore cultura siamo riusciti a semplificare e sburocratizzare l’organizzazione di piccoli eventi, di concerti in locali con una capienza inferiore alle 200 persone che terminano entro mezzanotte. Avevamo chiesto anche l’abolizione del pagamento dei diritti Siae per favorire la promozione di attività culturali autogestite e indipendenti. Non è stato possibile anche per colpa dell’organizzazione elefantiaca ed eccessivamente burocratica della Siae. Un ritardo che allo stato attuale non permette alla Siae di discernere tra un concerto dal vivo e una festa di nozze, tra uno spettacolo di arti visive e un pianobar.

Siamo sicuri che la direttiva europea vada nella direzione giusta chiedendo il rispetto degli standard europei che stabiliscono un miglioramento della gestione e una maggiore trasparenza nello svolgimento delle attività.

Vorremmo quindi che il Governo si impegnasse piuttosto sull’obiettivo principale della direttiva europea proposta: ovvero quello di “Promuovere una maggiore trasparenza e migliorare la governance delle società di gestione collettiva, introducendo obblighi di informazione più rigorosi e rafforzando il controllo delle loro attività da parte dei titolari di diritti, in modo da incentivare l’offerta di servizi migliori e più innovativi”.

Vorremmo una società di collecting, come chiede la direttiva, che preveda una migliore gestione del repertorio, che imponga di versare i compensi più rapidamente, che garantisca chiarezza riguardo alle fonti di entrate provenienti dalla gestione dei diritti, che elabori annualmente una relazione di trasparenza.

Sulla politica incombe il dovere urgente di intervenire, con provvedimento legislativo, per correggere l’operato dei commissari che hanno realizzato una Società di autori saldamente controllata da un piccolissimo gruppo di soci per restituire la Siae a logiche di equilibrio e democrazia.

Se la Siae è carente sotto tutti gli aspetti che abbiamo elencato, la responsabilità va ascritta all’indifferenza degli organi di vigilanza e all’inerzia del Parlamento. È urgente che si adottino provvedimenti legislativi che anticipino la direttiva europea e si provveda ad una profonda rivisitazione della Legge 633/41, disegnata per un Paese di più di 70 anni fa.