Tutte le vittime innocenti delle mafie hanno diritto al ricordo e alla memoria. Ecco perché oggi finalmente istituiamo una giornata che sia in grado di raccontarle.
E’ una legge per le vittime e per i loro familiari ma è una legge che riguarda tutti noi. E’ una legge che ci interroga e che ci mette nelle condizioni di guardare dentro l’Italia migliore.
Questa legge nella sua semplicità è un primo passo.
Un risarcimento, parziale, eppure importante, alle storie di chi è stato ucciso e non ha conosciuto verità.
Abbiamo un debito di riconoscenza verso queste persone.
Ecco perché Sinistra italiana voterà a favore.
Perché il ricordo dei nostri morti serve a raccontare i vivi, a immaginare il futuro, a costruire una nuova e originale identità. Che riguarda tutte e tutti.Giorno dopo giorno, nonostante il lavoro prezioso della magistratura e delle forze dell’ordine, le organizzazioni criminali crescono, si rafforzano, si adattano alle necessità dei tempi, alle esigenze dei diversi luoghi (da Sud a Nord non c’è regione che non sia stata contaminata dalla presenza dei clan) e diventano parte essenziale del sistema Paese.
Per troppo tempo – per incapacità o per opportunismo – in tanti hanno finto di non vedere. C’è stato un processo di rimozione collettiva, di anestesia totale.
Un processo che ha molti colpevoli.
La politica nazionale e locale, l’imprenditoria e il mondo delle professioni, l’informazione. La cosiddetta società civile che troppo spesso ha abbassato la testa senza fare domande, ha confuso il diritto con il favore, si è fatta imporre nomi da votare, persone da sostenere, mani da stringere, persino negozi in cui comprare.Questo è un Paese che ha ostinatamente rimosso, nascosto, mentito a se stesso.
Ha tenuto insieme vittime e carnefici, non ha saputo assicurare la giustizia, raccontarsi e guardarsi al proprio interno.Oggi però è una giornata importante. Perché accanto a quei nomi che spesso sono stati citati in queste aule, nomi come quello di Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre, il giudice Scopelliti, il Generale Dalla Chiesa, ecco accanto a questi nomi già patrimonio di tanti io sono particolarmente emozionata di ricordare qui alcune delle storie sconosciute che ho avuto invece il privilegio di ascoltare direttamente dai familiari in questi anni. Persone comuni.
Come Vincenzo Grasso, detto Cecè, padre di Stefania, era un meccanico, di Locri. È stato assassinato perché non pagava la mazzetta.
Peppe Tizian, papà di Giovanni Tizian, era un bancario di Bovalino. La ‘ndrangheta l’ha ammazzato perché ha fatto il suo lavoro con onestà.
Adolfo Cartisano, detto Lollò, padre di Debora, faceva il fotografo. Lo hanno sequestrato e ucciso perché non pagava il pizzo e denunciava.
Francesco Borrelli, padre di Alfredo, era un carabiniere. Lo hanno ammazzato a Cutro. Si era messo in mezzo a una sparatoria, nonostante fosse fuori servizio, per salvare la vita ad alcuni suoi concittadini.
Francesco Vecchio, padre di Salvo, era un imprenditore, è stato assassinato a Catania perché non si è voltato dall’altra parte.
E poi Gianluca Congiusta figlio di Mario, Massimiliano Carbone figlio di Liliana.
E ancora la storia di Raffaella Scordo, di Rocco Gatto, di Lea Garofalo, di Mauro Rostagno.
L’esempio di Giuseppe Valarioti segretario del Pci di Rosarno raccontato in vita dal grande Sindaco Peppino Lavorato. Don Peppe Diana e Giancarlo Siani.E infine una menzione a parte per Pippo Fava, giornalista, drammaturgo, scrittore che ho avuto il privilegio di conoscere attraverso la militanza, l’amicizia e l’affetto che mi lega al figlio Claudio.
Ho incontrato insieme all’associazione daSud la storia di quelli che si sono battuti e che sono stati ammazzati, di quelli che hanno testimoniato e sono stati ammazzati, di quelli che hanno amato e sono stati ammazzati, di quelli che hanno avuto il padre sbagliato e sono stati ammazzati. Di tanti altri. Sepolti dalle infamie, dimenticati.
Persone accomunate da un doppio destino maledetto. Uccise dalle mafie, innocenti. Dimenticate da questo Paese che non è stato in grado di assicurare loro verità e giustizia.
A cui l’esercizio che Libera e don Ciotti ogni 21 marzo compie di pronunciare i nomi restituisce una parte di dignità.
Ci sono molti modi di raccontare la storia di un Paese. Si può scrivere la grande storia oppure si può provare a mettere insieme le piccole storie, collettive e individuali, pubbliche o private, delle persone comuni.
Le nostre storie, di chi ha ha combattuto le mafie ed è stato ammazzato, di chi non ha chiuso gli occhi, di chi non s’è voluto rassegnare.Noi, Sinistra Italiana, vogliamo seguire questa strada, vogliamo calpestare quell’asfalto e lo vogliamo fare insieme a tante e tanti che il 21 marzo quell’asfalto lo calpestano già insieme.
Per questo “si” a questa legge, e per questo saremo presenti a Locri e in tutte quelle piazze che verrano convocate quest’anno.Lo dobbiamo a loro, a noi, e alla sete di verità e giustizia di questo Paese.
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