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Giovani donne di seconda generazione

giovani donne di seconda generazione

Oggi ho partecipato alla presentazione del progetto #Secondeachi?, giovani donne di seconda generazione. Un progetto dal valore politico inestimabile.

Stiamo vivendo un periodo di arretramento delle politiche di integrazione: occorre ragionare su un nuovo concetto di cittadinanza, inclusivo e condiviso. Lo Ius soli può essere il giusto “varco” per rimettere al centro dell’impianto legislativo le persone e i diritti. Bellissima una frase pronunciata da Rosa Jijon durante la presentazione: “il passaporto non è solo appartenenza e soggiorno, ma vuol dire viaggio, mobilità e soprattutto sogno”.

Il progetto
www.donnedisecondagenerazione.eu

Cecile Kyenge ed Elettra Deiana

Cecile Kyenge ed Elettra Deiana

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Celeste Costantino visita Voce donna. Dati sulla violenza, è allarme

Cresce l’emergenza per la violenza contro le donne. L’associazione Voce Donna ha presentato i dati sull’emergenza in occasione della tappa pordenonese di Celeste Costantino, deputato Sel, in viaggio tra i centri che sostengono le donne vittime di violenza con lo scopo di ascoltare le testimonianze di chi affronta in prima linea e spesso, in trincea, uno dei drammi più atroci della nostra società, per fotografarne la realtà, comprenderne le esigenze e migliorarne il lavoro con un nuovo progetto legislativo. “Restiamo vive” è il titolo scelto per l’iniziativa che, come ha spiegato la deputata, esprime anche un messaggi di speranza sottolineando l’importanza della prevenzione.

«Contro questa emergenza è importante mettere da parte le differenze politiche – ha sottolineato – e arrivare a dei punti comuni “intoccabili”». Tra gli elementi fondamentali proposti, oltre all’introduzione nelle scuole dell’educazione sentimentale («che sia non solo legata al corpo ma che vada più in profondità, entri in merito alle relazioni») ma anche un maggiore controllo sulla mercificazione del corpo femminile sui mezzi di comunicazione individuando la migliore soluzione per permettere l’autosufficienza ai centri che si occupano delle donne maltrattate. Un lavoro di regolamentazione è necessario. Oggi, sempre più ragazzine sono tenute sotto scacco da internet. Lo ha ribadito ieri, la deputata nell’incontro tra le operatrici del centro e le più importanti rappresentanti del mondo politico e associazionistico legate alle problematiche femminili.

I dati legati alla situazione pordenonese sono stati forniti dalla presidente, Maria De Stefano, e si dimostrano in continua crescita: l’associazione nata nel 1997 ha affrontato l’anno scorso circa 140 casi di violenza (di queste, il 70% di nazionalità italiana), inoltre ha ospitato nelle due case rifugio che offrono 11 posti, circa 22 donne e 19 minori e a settembre sarà completata la nuova struttura di Maniago. Per chiamate d’emergenza 24 ore su 24 comporre il 3343295364 o 3312179530.

da Messaggero Veneto

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È un giorno di grande amarezza. Abbiamo aspettato tanto per arrivare a questa sentenza di primo grado, che oggi purtroppo ridimensiona sensibilmente le responsabilità dei dodici imputati. In particolare l’assoluzione degli agenti penitenziari e degli infermieri è davvero inspiegabile. Come se Stefano Cucchi fosse morto da solo e non mentre si trovava in loro custodia. Sono passati quasi quattro anni dalla sua morte, e due dalla prima udienza del processo. In aula bunker a Rebibbia ho ascoltato la sentenza accanto alla famiglia Cucchi. Pensavo che la giustizia oggi avesso potuto ridare dignità e verità. A loro in primo luogo, che in questi anni hanno affrontato un processo lungo e difficile, e a tutti quelli che si sono battuti per affermare una realtà che era sotto gli occhi di tutti: Stefano è stato picchiato brutalmente in carcere. E lì è stato fatto morire di stenti.
Continueremo ad essere accanto ad Ilaria e ai genitori di Stefano in questa lotta per la giustizia. Rilanceremo con più forza le proposte di Sel: l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano, le urgenti modifiche al testo unico sugli stupefacenti proponendo pene inferiori per il possesso relativo alle droghe leggere, l’abrogazione della “ex legge Cirielli” su recidiva e prescrizione dei reati, l’abolizione del reato di immigrazione clandestina. Non è più possibile aspettare: serve un progetto per l’inserimento di pene alternative alla detenzione. Lo dobbiamo a Stefano e a chi come lui ogni giorno vive una condizione vergognosa in carcere, non degna di un Paese civile.
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50 milioni sottratti all’Istruzione per finanziare una nave da guerra?

FESTA DELLA REPUBBLICA

Ieri Enrico Piovesana sul Fatto quotidiano scriveva un pezzo sui costi della “Festa della Repubblica armata”, un’inchiesta giornalistica sulle spese delle forze armate italiane. Secondo i dati in possesso dal giornalista, il Ministero della Difesa ha investito 5,4 miliardi per gli armamenti, attingendo in alcuni casi anche ai fondi dai bilanci di altri dicasteri: in primis da quello dello Sviluppo Economico e poi dal Ministero dell’Istruzione.

In particolare, secondo Il Fatto quotidiano, vengono sottratti all’Istruzione, tramite il Cnr, «50 milioni di euro (5 quest’anno e il resto nel prossimo biennio) per l’acquisizione di una nave da guerra che servirà a fornire supporto alle forze speciali e a scorrere i sommergibili». Altri 97 milioni, nei prossimi tre anni, sarebbero «destinati dal Miur, attraverso l’Agenzia spaziale (Asi), al cofinanziamento del programma satellitare militare Cosmos-Skymed». Dati che se fossero confermati costituirebbero un pericoloso precedente. Con i 50 milioni “distratti” dai capitoli dell’Istruzione si potrebbero, ad esempio, finanziare più di 15 mila borse di studio. In un Paese in cui i finanziamenti all’istruzione sono al di sotto delle necessità e in cui il tasso di abbandono scolastico è superiore alla media europea, sottrarre capitoli di bilancio e destinarli alle armi da guerra è un gesto incomprensibile.

Nelle settimane scorse il ministro della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha dichiarato che si sarebbe dimessa dal suo incarico in caso di tagli al bilancio del suo dicastero. A questo punto con i colleghi Marcon, Duranti, Fratoianni, Giordano e Piras abbiamo presentato un’interrogazione a risposta scritta alla ministra, per capire se è a conoscenza della destinazione di tali fondi a favore di un investimento della Difesa. Per capire soprattutto se condivide questa scelta. Sperando che al più presto possa ridiscutere questa scelta e ripristinare i fondi stornati.