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La storia del restauro del Museo della Magna Grecia della Calabria è una classica storia all’italiana di progetti non rispettati, tempi di consegna lievitati e costi triplicati. Rispetto alla spesa iniziale di 11 milioni oggi si è raggiunta la cifra di 33 milioni. I lavori sono ancora in corso e i Bronzi di Riace giacciono “pietosamente adagiati sul dorso” in una stanza del Palazzo Campanella nella sede del Consiglio regionale della Calabria. Senza alcuna indicazione per i turisti.

Ho presentato un’interrogazione al Ministro della Cultura Massimo Bray, annunciando che, secondo quanto si apprende dagli articoli a mezzo stampa di Antonietta Catanese (Il Quotidiano della Calabria), il museo non verrà aperto prima del 2014, quando originariamente doveva essere inaugurato nel 2011 in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità di Italia. Un ritardo ancora più insopportabile alla vigilia del 41° anniversario del ritrovamento dei Bronzi, avvenuto nell’agosto del 1972.

Anche alla luce della censura dell’Unesco, che considera l’abbandono dei Bronzi “una vergogna”, ho chiesto che i Bronzi di Riace vengano salvati dall’incuria e dall’oblio, e che venga valorizzato tutto il patrimonio culturale del Museo nazionale della Magna Grecia. Per questo invito il Ministro Bray ad esporre “quali misure intenda adottare il Ministero perché il museo venga riaperto al più presto e come, prima dell’adempimento dei lavori di ristrutturazione dello stesso, possano i Bronzi essere valorizzati in un’adeguata sede fruibile all’accesso turistico e alla cittadinanza locale, anche nell’ottica di un rilancio dell’economia” dove cultura e turismo siano considerate risorse primarie. Chiedo inoltre, a chi si aggiudicherà l’ultimo appalto previsto il prossimo 15 luglio, l’apertura parziale del museo per ospitare i Bronzi nell’ala già allestita e in grado di essere aperta al pubblico e ai turisti, come proposto dal “Comitato per la valorizzazione dei Bronzi di Riace e del Museo nazionale della Magna Grecia” e dagli “Amici del museo”.

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Le “nuove carceri” e la legge del taglione

cellaOggi in aula prosegue la discussione sulle pene detentive non carcerarie. Mentre la Corte Europea dei Diritti umani continua a bacchettare l’Italia per i trattamenti disumani e degradanti in relazione allo stato delle carceri, nel nostro parlamento avviene un dibattimento surreale, straniante. Ed anche esasperato dalle posizioni che purtroppo conosciamo bene e che tanto male hanno fatto al nostro Paese: in primo luogo quelle della Lega Nord, poi quelle del Movimento 5 stelle che oggi si è svelato all’opinione pubblica.

Proprio sulle carceri infatti è venuta fuori con tutta la sua violenza la natura della loro cultura politica che, oggi più che mai, è caratterizzata da un atteggiamento e approccio forcaiolo e giustizialista.

Così, chi dopo il risultato elettorale si affannava ad individuare nel M5s la nascita di una nuova sinistra dovrebbe ricredersi in maniera definitiva. I parlamentari del Movimento di Grillo considerano il carcere come un luogo di vendetta e nella loro analisi non tengono conto del numero di tossicodipendenti e di emigrati detenuti a causa di due leggi vergognose: la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, che hanno prodotto scientificamente una situazione di sovraffollamento insostenibile unito alla realizzazione concreta del fallimento del principio di rieducazione della pena.[Read more]

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Ministero delle Pari Opportunità: perché è utile sul piano simbolico e materiale

Assemblea Nazionale del PD

da La27ora – Corriere.it

Signor Presidente del Consiglio,
l’attribuzione della delega alle Pari opportunità alla viceministra del Lavoro è un passo indietro, una “non scelta” come ha scritto Barbara Stefanelli sul Corriere. Questo Ministero, voluto dal Governo Prodi nel 1996, aveva sancito un punto: esiste in Italia una discriminazione di genere. Da allora che cosa è cambiato? I più dicono che questo Ministero non è servito a niente, altri che ne hanno seguito l’evoluzione attribuiscono alle Pari opportunità alcuni provvedimenti significativi. Ma la scelta di non sostituire la Ministra Idem non nasce certo da una valutazione sull’efficacia di quel Ministero che il Presidente del Consiglio aveva riconfermato appena due mesi fa evidentemente confidando nella sua necessità. E in questi due mesi per la verità ci sono ragioni nuove a sostegno dell’utilità del Ministero sia sul piano simbolico che sul piano materiale.

Tra i primi atti di questa legislatura c’è stato quello di approvare all’unanimità, alla Camera e al Senato, la ratifica della Convenzione di Istanbul. Un atto dovuto, ma non scontato, a cui si è arrivati soprattutto grazie alla capacità dei movimenti delle donne di imporre il tema della violenza maschile e del femminicidio nell’agenda politica del Paese. Se il Parlamento ha finalmente preso consapevolezza di questo fenomeno – dei numeri, delle dinamiche e dello stato sociale e culturale in cui tutto ciò si determina – e se aveva appena avviato i suoi lavori la task force voluta dall’ex ministra Josefa Idem, come si può pensare che in una fase così delicata l’atto politico successivo possa essere quello di eliminare il Ministero che più di tutti aveva il compito di monitorare il percorso iniziato attraverso quel voto?

Pertanto, piuttosto che attribuire una delega specifica sul “femminicidio” – come è stato fatto con Isabella Rauti – disconoscendo di fatto la complessità del fenomeno, sarebbe stato necessario mettere nelle condizioni il Ministero delle Pari opportunità di farsi da garante fino in fondo della piena applicazione della Convenzione che investe, e attraversa, tutti gli altri Ministeri: dall’Istruzione al Lavoro, dall’Economia agli Affari sociali. È una scelta incomprensibile, Signor Presidente, nella forma e nella sostanza, nella superficie e nella profondità.

Temiamo che, purtroppo, anche questo passaggio sia stato viziato dalle “larghe intese”, che in questa fase evidentemente non godono di buona salute: non vorremmo cioè che le mancate alchimie politiche prevalessero sul bene comune.

Non siamo portatori di una visione ideologica ma non abbiamo mai creduto a una politica “neutra” delle donne: essere di parte però non ci ha mai impedito di riconoscere, se buono, il lavoro dei nostri avversari politici. Anzi, di recente, attraverso il voto alla nostra mozione sulla piena applicazione della legge 194, abbiamo scoperto il sì del Pdl contro la sorprendente astensione del Pd. A dimostrazione che su certi terreni non si può ragionare con schemi politici predefiniti.

È importante il profilo politico del Ministero delle Pari opportunità e, per questo, avevamo criticato l’accostamento con lo Sport sotto la direzione di Josefa Idem. Mai ci saremmo aspettati, dopo appena tre mesi, di dover chiedere almeno il ripristino di ciò che era stato già acquisito.

di Titti Di Salvo, Celeste Costantino, Gennaro Migliore