Da trent’anni aspettiamo l’introduzione del reato di tortura nel codice penale
Durante il mio intervento sull’introduzione del reato di tortura nel codice penale ho ricordato le storie delle donne e degli uomini rinchiusi nella caserma di Bolzaneto nei giorni del G8 di Genova. Storie di privazioni, violenze, abusi. Storie di tortura, un reato che il nostro Paese ancora non prevede, ignorando la Convenzione Onu del 1984 che definisce il delitto di tortura un reato proprio del pubblico ufficiale.
Il testo, da oggi alla Camera, non ci soddisfa pienamente. Presenteremo degli emendamenti che rispettano la nostra proposta di legge, redatta insieme alle associazioni, che non considera la tortura un reato comune.
Da tanto tempo aspettiamo questo momento. Faremo di tutto per far diventare legge il reato di tortura. Lo dobbiamo ai tanti Stefano Cucchi e lo dobbiamo alla nostra generazione, a Genova 2001, che credeva nel cambiamento.
Buon #8marzo a tutte. Anche a chi pensa che non ce ne sia bisogno
Oggi sul Corriere della sera Debora Serracchiani dichiara di non voler essere chiamata avvocata o presidentessa. Il perché non lo dice ma in realtà si capisce benissimo. Fa parte di quelle donne di potere che per dimostrare di essere migliori delle altre donne, fa l’uomo. Un classico visto e rivisto che però nelle donne renziani fa ancora più ridere. Comunque, va avanti e afferma che a differenza di Laura Boldrini non considera la questione del linguaggio prioritaria meglio la battaglia contro il femminicidio. Peccato che non lo sia per il suo capo! Visto che i fondi destinati ai centri antiviolenza non bastano neanche per pagarne le bollette.
Ma poi cara Debora Serracchiani mi puoi spiegare perché una cosa dovrebbe escludere l’altra? Mi puoi spiegare perché porre l’attenzione sul linguaggio significa togliere qualcosa al contrasto alla violenza di genere? Voi del Pd non le sapete fare due cose contemporaneamente? Oppure è semplicemente un attacco gratuito a chi ha osato criticare il vostro Capo Renzi? Perché è chiaro che la pancia del Paese sta con voi. Con tutti i problemi che ci sono ci dobbiamo pure preoccupare di declinare al femminile le professioni che faticosamente ci siamo conquistate? Certo che no!
L’Europa è sempre è solo quello che raccontate voi. E allora buon 8 marzo a tutte. Buon 8 marzo anche a te Debora Serracchiani. Sperando che non ti dispiaccia essere associata a noi donne almeno in questa giornata.
Interrogazione sull’agenzia nazionale per l”amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
Interrogazione a risposta scritta 4-07751
presentato da
COSTANTINO Celeste
testo di
Giovedì 5 febbraio 2015, seduta n. 372
COSTANTINO. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) nasce con il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4 – convertito dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, con sede centrale nella città di Reggio Calabria, e sedi secondarie a Roma, Palermo e Milano;
i dati relativi alle confische di beni sequestrati e confiscati di ANBSC, nel sito ufficiale dell’Agenzia, aggiornati al gennaio 2013, riportano 11237 immobili e 1707 aziende;
da un articolo apparso su La Stampa, in data 29 gennaio 2014, l’autore, Niccolò Zancan, intervista il direttore amministrativo dell’Agenzia, Massimo Nicolò, il quale lamenta il totale abbandono della struttura, e a livello economico e a livello istituzionale;
i dipendenti sono in tutto 37, a fronte dei 55 mila beni confiscati (dato che emerge dalle sue parole e non dal sito ufficiale dell’agenzia). Ci sarebbe la possibilità di assumere personale per 100 unità ma, considerati i costi a carico delle amministrazioni di provenienza e visti i tagli alle amministrazioni locali, queste si rifiutano di dare personale e, dopo la formazione, le unità vengono richiamate nei propri uffici di provenienza;
manca l’aggiornamento dei database (Nicolò sostiene che il personale dell’Agenzia è costretto a rifarsi a fonti demaniali ma veramente aggiornate), perciò anche qualora il cittadino volesse informarsi su una rendicontazione, che dovrebbe essere pubblica e trasparente, non trova alcuna informazione aggiornata;
manca lo scambio di informazioni tra città, esempio lampante è che su 59 beni sequestrati a Torino, 58 sono ancora nelle mani degli illegittimi proprietari, e di questi beni l’Agenzia di Reggio Calabria non sa nulla;
i tempi burocratici rallentano l’efficienza di un’agenzia che pur sostenendo dei costi non è messa nelle condizioni di lavorare, affinché beni e aziende confiscate ritornino al più presto nelle mani di cittadine, cittadini e imprese oneste e anzi creano dei veri e propri paradossi, come ad esempio, così recita l’articolo de La Stampa: «dopo anni di battaglie giudiziarie, il Comune di Lamezia Terme era riuscito a farsi assegnare un alloggio sequestrato alla famiglia Benincasa, nel quartiere ad alta densità ’ndranghetista di Capizzaglie. Lo ha ristrutturato e dato in gestione alla cooperativa Progetto Sud per ospitare dei rifugiati politici. Ma la corte d’Appello ha restituito il bene alla famiglia, che ora ci abita con impianti nuovi e infissi ammodernati con soldi pubblici»;
già Federico Cafiero De Raho, procuratore capo di Reggio Calabria, ha affermato in svariate occasioni che la gestione dell’agenzia non funziona e sostiene che è una ricchezza che «lo Stato lascia nelle mani dei mafiosi» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle condizioni in cui versa l’attività dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e quali azioni ritenga di mettere in campo per ovviare alla situazione, vista l’importanza strategica dell’Agenzia nella lotta contro la criminalità organizzata, motivo per cui, non solo sul piano simbolico, la sua sede è stata fissata nella città di Reggio Calabria. (4-07751)