La dichiarazione di voto finale a nome del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia e Libertà al provvedimento di riforma del Codice Antimafia, in materia di tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla mafia

Articolo

L’attività antimafia non può farla solo la magistratura: la politica deve attivare anticorpi

murales

Oggi prende il via il processo su Mafia Capitale. Un lavoro importante della magistratura che chiama in causa la politica e le istituzioni, ma anche la cosiddetta società civile. Il fenomeno descritto dalla procura di Roma ci consegna un sistema di corruzione, malaffare, criminalità organizzata e sfruttamento del dolore. Sarà quella la sede in cui si verificherà la fondatezza delle accuse alle persone coinvolte, e noi aspetteremo che la giustizia faccia il suo corso, ma è innegabile che al netto delle sentenze, l’inchiesta ha già offerto elementi tali da mettere la politica nelle condizioni di attivarsi subito nella costruzione degli anticorpi necessari a che quanto accaduto non possa ripetersi.

Non si può stare a guardare, c’è una responsabilità che attraversa ogni livello istituzionale. Non si può delegare solo alla magistratura l’attività antimafia. La Camera sta per discutere la riforma del Codice antimafia e oggi la politica può dare un segnale concreto di cosa vuole dire contrasto alle mafie proprio a partire dalla gestione dei beni confiscati.

L’impegno di Sinistra Ecologia Libertà sarà proprio questo, da una parte un sentito sostegno al lavoro della magistratura nello svelamento della verità e dall’altro un attivismo immediato nell’individuazione di politiche rivolte ai cittadini. I cittadini romani meritano una città non inquinata dalla mafia.

Articolo

L’interpellanza alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’Ambiente su quanto sta accadendo in Calabria a causa del maltempo

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   a partire dal 31 ottobre 2015, una forte ondata di maltempo ha colpito la regione Calabria, in particolare nelle sue zone montane e nell’area ionica della provincia di Reggio Calabria e nell’acquedotto della città capoluogo;
si considera che in due giorni si sia riversata una quantità di pioggia che mediamente in quel territorio si riversa in quasi un anno (600 millilitri d’acqua);
sono stati spazzati interi tratti della linea ferroviaria che va da Roccella Jonica a Monasterace (esondato il torrente Ferruzzano che ha interrotto non solo la linea ferroviaria, ma anche la circolazione sulla strada statale 106, isolando di fatto interi paesi);
è morto un uomo, Salvatore Comandé, di 43 anni, travolto dalla piena di un torrente mentre si trovava nella sua auto a Taurianova, in provincia di Reggio Calabria;
Anas ha fatto sapere che, a causa di alcune frane prodotte dalle forti precipitazioni, è stato necessario chiudere momentaneamente al traffico quattro diversi tratti della strada statale 106 Jonica: in entrambe le direzioni, dal chilometro 50 al chilometro 65 è chiuso il tratto compreso tra Palizzi Marina e Brancaleone Marina, il secondo tratto interessato va dal chilometro 65,8 al 67,20 in località Marinella di Ferruzzano, poi dal chilometro 83 al 92 tra Bovalino e Ardore. Il quarto tratto chiuso è compreso fra chilometro 121 e il chilometro 122 tra Marina di Caulonia e Riace Marina;
nella città di Reggio Calabria i vigili del fuoco hanno effettuato 200 interventi di soccorso, sono intervenuti anche per la messa in sicurezza di alcune case a Vibo Valentia. Centocinquanta in totale gli interventi effettuati nella provincia, 110 quelli nel territorio di Catanzaro. Il torrente Catona è esondato nel comune di Laganadi, nel comune di Reggio Calabria, provocando forti danni. Cinque famiglie che abitavano a poca distanza dal luogo dell’esondazione sono state evacuate;
ancora una volta, in presenza di forti e insistenti piogge, il nostro Paese si trova a dover fare i conti con frane, cedimenti di infrastrutture, argini che non riescono più a trattenere l’impatto con le acque;
le forti piogge hanno devastato ampi tratti del litorale e impedito il regolare deflusso delle piene dei fiumi, causando ingenti danni alle infrastrutture pubbliche e private e alle attività produttive localizzate sulla costa;
in una regione in cui il rischio idrogeologico riguarda praticamente il suo intero territorio, già profondamente penalizzato da una forte carenza di infrastrutture e investimenti, emerge con ancora più forza la necessità di spostare l’asse degli interventi di messa in sicurezza dei territori da una logica emergenziale ad una logica di lungo periodo –:
se non si ritenga di deliberare quanto prima lo stato di emergenza per le province calabresi e per i territori colpiti dalla forte ondata di maltempo iniziata il 31 ottobre 2015, stanziando le prime risorse volte al ristoro dei danni subiti dai privati e dalle attività produttive, per la messa in sicurezza delle aree colpite, e più in generale per il contrasto al dissesto idrogeologico dell’intero territorio nazionale, anche attraverso la previsione per le aree colpite di cui in premessa, dell’esclusione dal patto di stabilità interno delle risorse necessarie per gli interventi post-calamità provenienti dallo Stato, nonché delle spese sostenute dagli enti locali a valere su risorse proprie o provenienti da donazioni di terzi.
(2-01145) «Costantino, Zaratti, Pellegrino, Scotto, Ricciatti, Duranti».

Articolo

La Calabria sprofonda

statale 106

Non vivo più in Calabria da 10 anni. Non ho scelto di andarmene. Anzi, ho anche provato più volte a tornare per fare politica lì: non ce l’ho fatta. Il mio partito in Calabria, quando c’era l’opportunità di farmi rientrare, ha preferito un’altra guida e poco importa se quel compagno, eletto segretario regionale e deputato, dopo qualche tempo è passato nel Pd.
Resta il fatto che non sono stata capace di costruire intorno a me un consenso tale da permettermi di continuare a fare politica nella mia terra di origine. In poche parole io “non ho voti” e, in Calabria, più che in qualsiasi altro luogo è questo quello conta. Non lo dico con disprezzo: considero un fallimento personale non essere riuscita in quegli anni a costruire una base elettorale, ma non vi è dubbio che da noi il consenso è anche frutto di clientelismo, di ricatti occupazionali, di truffe ai danni della povera gente.
Vedo le immagini della Statale 106 e soffro di fronte a quel disastro, ma non ne ho bisogno per capire che la Calabria sta drammaticamente sprofondando. Mi arrivano segnalazioni ed io provo, con il sindacato ispettivo e le risorse parlamentari che ho, ad essere vicina alle vertenze. Ma ogni volta che ritorno è sempre peggio: non posso ancora raccontare la missione antimafia fatta a Cosenza, mi limito a dire che la misura è stata superata da un pezzo.
Allora mi domando, e vi domando, com’è possibile che non si chieda conto agli eletti in Calabria di tutto questo. Com’è possibile che nessuno richiami alla responsabilità, al vincolo elettorale verso un territorio chi ha potere di intervento in questo momento, cioè i partiti che stanno al Governo del Paese: Pd e Ncd?
So che è difficile: non sono via da troppo tempo per non comprendere le difficoltà che anche la cosiddetta società civile incontra se vuole reagire. Ma non voglio nemmeno essere accomodante nei confronti di questa rassegnazione civile. Non la faccio facile, ma non voglio nemmeno giustificare l’idea che tutto debba per forza andare così. La lamentela su Facebook non salverà nessuno.
Non ho interessi elettorali personali in Calabria, ho solo interessi emotivi, umani, che mi legano ancora alle persone che ho lasciato là, compresa la mia famiglia, e proverò sempre a sollevare i problemi e sollecitare le soluzioni. Posso fare un elenco lungo, verificabile anche da voi on line, degli interventi che ho portato all’attenzione del Governo in questi anni – dai rifiuti a Reggio fino alla discarica di Celico, dall’ospedale di Locri alla sanità a Catanzaro, dai Bronzi di Riace fino ai lavoratori dell’aeroporto di Reggio Calabria – ma tutto questo non basta e non basterà mai se non c’è una presa di parola pubblica da parte dei cittadini.
Controllate i livelli di produttività di chi avete eletto, non fatevi prendere più in giro. Bisogna far capire che non ci sono promesse che tengono più. Bisogna denunciare le mancanze, gli errori, la malafede, la corruzione. Se invece si sta in silenzio e alla fine ci si appara, mi dispiace ma si è sempre punto e a capo. Ferisce vedere tutto questo, ma l’indignazione da sola non basta. Ognuno deve fare la sua parte. La cattiva politica si alimenta dalla società. Oggi più che mai bisogna scegliere da che parte stare. Tutti, nessuno si senta escluso.