#1oradamore

Firma l’appello su www.change.org/1oradamore

Perché se una bambina picchia è un “maschiaccio”? E se un bambino piange è una “femminuccia”?
Perché le ragazze possono camminare mano nella mano e i ragazzi no?
Perché si studia Gabriele D’Annunzio e non Sibilla Aleramo?
Perché se mamma non lavora è normale ma se non lavora papà è una vergogna?
Perché #1oradamore?

Sono solo alcuni dei “perché” a cui vuole provare a rispondere la proposta di legge sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole di cui sono prima firmataria.

Parlare di femminicidio non basta più se viene trattato come atto conclusivo del fenomeno. E non basta invocare la prevenzione, tanto contro la violenza sulle donne quanto sul bullismo e l’omofobia: la prevenzione bisogna costruirla, uscendo dall’ottica securitaria, insegnando un’altra educazione civica.

Quello che proponiamo è un diritto scritto nella Convenzione di Istanbul, ratificata all’unanimità in Parlamento, che propone agli Stati di introdurre l’educazione all’affettività negli ordinamenti scolastici. In Europa è una realtà, in Italia siamo ancora in ritardo. Benché esistano esempi di autonomi progetti scolastici sul tema, è importante fare una legge che miri a fare di essi un virtuoso modello nazionale.

Chiediamo che la proposta sia discussa al più presto e che diventi quanto prima legge dello Stato. La violenza maschile sulle donne, l’omofobia, il bullismo e gli stereotipi di genere si combattono con l’educazione e la formazione sin da piccoli. Prima che sia troppo tardi. Firma anche tu! >>>

Il testo della proposta di legge: http://bit.ly/educazione-sentimentale

Lo spot video (regia di Luca Ragazzi e Gustav Hofer)

La sintesi della proposta di legge e il confronto con gli altri Stati europei

Le cover facebook

Articolo

I primi 100 firmatari di #1oradamore

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Centri antiviolenza
1 Centro Ester Scardaccione Potenza
2 Thamaia Catania
3 Voce Donna Onlus Pordenone
4 Centro Donna Lilith Latina
5 Centro Veneto Progetti Donna Padova
6 Centro Donna Giustizia Ferrara
7 Casa Lorena Casal di Principe (CE)
8 Centro Antiviolenza EVA Maddaloni, Caserta
9 Centro Antiviolenza Aradia, Caserta
10 Centro Antiviolenza Roberta Lanzino Cosenza
11 Centro Antiviolenza Save, Trani
12 Centro Antiviolenza Safiya Onlus Polignano a Mare, Bari
13 Associazione Differenza Donna

Giornalisti
14 Riccardo Iacona, giornalista
15 Teresa di Martino, direttrice DWF
16 Flavia Fratello, giornalista
17 Francesca Fornario, giornalista
18 Luca Sappino, giornalista
19 Loredana Lipperini, giornalista, scrittrice, conduttrice radiofonica
20 Giovanni Tizian, giornalista
21 Bia Sarasini, giornalista
22 Silvia Neonato, giornalista
23 Luigi Politano, giornalista
24 Ingrid colanicchia, giornalista Adista

Ricercatori/Amministratori/Sindacato/Politica
25 Maura Misiti, Ricercatrice presso l’IRPS, Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle ricerche, co-autrice Ferite a morte
26 Angela Ammirati, studiosa tematiche di genere, Università di Roma Tre
27 Graziella Priulla, Docente ordinaria di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Catania formatrice sui temi della differenza di genere
28 Ombretta Ingrascì, vicedirettrice Summer School on organized crime, Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Milano
29 Giorgia Serughetti, ricercatrice Dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca
30 Simonetta Marino, docente di filosofia morale e del Dottorato Interpolo in Studi di Genere Università di Napoli “Federico II”, delegata Pari Opportunità Comune di Napoli
31 Anna Foggia, Docente Scuola primaria e assessora a Politiche sociali, Politiche educative, Integrazione dei servizi socio-sanitari, Valorizzazione delle periferie Comune Monterotondo
32 Cecilia D’Elia, responsabile nazionale Sel Cultura
33 Marco Grimaldi, consigliere comunale Torino
34 Maria Teresa Di Riso, responsabile nazionale Sel Saperi
35 Elettra Deiana, assemblea nazionale Sel
36 Cathy La Torre, consigliera comunale Bologna
37 Maria Grazia Pellerino Assessore alle Politiche educative del Comune di Torino
38 Alida Castelli Gottardi, consigliera di Parità Regione Lazio
39 Claudia Bella, responsabile coordinamento donne CGIL Roma e Lazio
40 Marta Bonafoni, consigliera regionale Regione Lazio
41 Bianca Pomeranzi, rappresentante permanente d’Italia presso ONU, Comitato per l’ eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW)
42 Gemma Azuni, consigliera comunale Roma
43 Maria Teresa Di Riso, responsabile nazionale Sel Saperi
44 Said Chaibi, consigliere comunale Treviso
45 Camilla Seibezzi, delegata ai diritti civili e alle politiche contro la discriminazioni e cultura lgbtq Comune di Venezia
46 Imma Battaglia, consigliera comunale Roma
Operatrici/Operatori, psicologi, sociologi, specialisti nel settore
47 Oria Gargano, presidente di BeFree, cooperativa contro la tratta violenze e discriminazioni
48 Antonella Petricone, vice responsabile servizio SOS Donna
49 Francesca Esposito, psicologa e ricercatrice in psicologia comunitaria presso Università Ispa-lu Lisbona
50 Francesca de Masi, sociologa e coordinatrice Sportello Antitratta BeFree
51 Anna Verdelocco, responsabile Sportello Donna h24 San camillo
52 Maria Silavia Soriato, psicologa
53 Marta Merini, antropologa e operatrice Sos Donna
54 Gaia Brunetti, educatrice
55 Lucia Berretta,mediatrice culturale
56 Emanuela Donato,psicologa
57 Cinzia Paolillo, operatrice sportello antiviolenza

Artisti
58 Paola Minaccioni, attrice
59 Kento, rapper
60 Lunetta Savino, attrice
61 Vladimir Luxuria
62 Fabio Mollo, regista
63 Cristina Biasini, sceneggiatrice
64 Andrea Satta, pediatra, cantante Tetes de Bois
65 Compagnia Voci di Desdemona
66 Eugenia Scotti, attrice e regista
67 Vito Foderà, autore televisivo
68 Maria Fabbricatore, Fimmina Tv

Scrittori
69 Igiaba Scego, scrittrice
70 Mariarosa Cutrufelli, scrittrice
71 Lorella Zanardo, scrittrice
72 Rosella Postorino, scrittrice
73 Caterina Venturini, scrittrice

Associazioni
74 Alessandro Valera, direttore European Alternatives
75 Leonardo Loche, Associazione Kant
76 Antonello Mangano, Terrelibere.org
77 Casa internazionale delle donne Roma
78 Francesca Koch, presidente Casa internazionale delle donne Roma
79 Tuba Bazar
80 Monica Pepe, Zero Violenza Donne
81 Associazione SCOSSE
82 Associazione daSud
83 Marica Di Pierri, Associazione A Sud
84 Associazione Tilt
85 Fabio Ciconte, Terra Onlus
86 Loris Antonelli, Associazione Via Libera
87 Teatro Rossi Aperto, Pisa
88 Antonio Pergolizzi, Responsabile Osservatorio Ambiente e Legalità Legambiente
89 Stefano Ciccone, Maschile Plurale
90 Gabriella Stramaccioni, Ufficio di Presidenza nazionale di Libera
91 Isabelle Chabot, presidente Società Italiana delle Storiche
92 David De Concilio, Ricomincio dagli Studenti, Università Roma Tre
93 Collettivo Femministe Nove
94 Mercedes Frias, Prendiamo la Parola

Scuola
95 Maria Grazia Dardanelli, preside Liceo Artistico Enzo Rossi Roma
96 Giuseppe Bagni, presidente CIDI, Centro di iniziativa democratica insegnanti
97 Federico Del Giudice, Rete della Conoscenza
98 Alberto Irone, Rete degli Studenti Medi
99 Gianluca Scuccimarra, Unione degli universitari
100 Simonetta Salacone, docente scuola primaria, Dipartimento Sel Saperi

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Legge 40, la Consulta rende questo Paese più civile

Il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale. Ancora una volta è una decisione della Consulta a rendere questo Paese più civile: ora in caso di sterilità si potrà ricorrere ad un donatore. La #legge40, ideologica e crudele, continua ad essere demolita pezzo per pezzo. Ora è importante dare una risposta in Parlamento e fare finalmente una legge moderna che riconosca i diritti delle coppie e non li obblighi ipocritamente ad andare all’estero per la fecondazione assistita.

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Oggi in Consiglio d’Europa è stato votato a maggioranza il sì alla risoluzione proposta da José Mendes Bota (Portogallo, Ppe) sulla prostituzione, tratta e schiavitù moderna. Una risoluzione che rappresenta un passo indietro e che non costituirà un vincolo per i paesi membri perché l’assemblea parlamentare ha un potere di raccomandazione sugli stati. Capisco lo sforzo fatto durante la redazione della risoluzione ma considero sbagliato l’avvicinamento al modello svedese e quindi alla criminalizzazione della prostituzione. Lo sguardo adottato è troppo schiacciato su un approccio rivolto solo a tratta e sfruttamento, non considerando affatto la prostituzione come un tema decisamente più complesso, che coinvolge molteplici attori.

Finora in Europa si sono delineati due grandi modelli. Il sistema adottato dalla Svezia che, dichiarando di voler proteggere chi si prostituisce, punisce i clienti. L’altro modello è quello usato in Olanda, Germania e Svizzera, che stabilisce regole e garantisce diritti per chi lavora nel mercato del sesso. Il modello svedese, a cui con questa risoluzione ci avviciniamo, viene criticato fortemente dai movimenti delle/dei sex workers perché in realtà fa aumentare la vulnerabilità delle prostitute e non provoca per niente la contrazione dell’industria. L’effetto più evidente è la criminalizzazione del fenomeno: aumento della violenza, degli abusi, dell’incidenza di Hiv/Aids e malattie sessualmente trasmissibili e peggioramento delle condizioni di lavoro delle sex workers. Il secondo modello, da cui prende le distanze nella risoluzione Bota, presenta pure dei grossi limiti, il più grande dei quali è che in molti casi le sex workers, che non hanno la cittadinanza europea, sono obbligate a lavorare nel sommerso perché non possiedono un permesso di soggiorno.

Questa risoluzione rappresentava una occasione (sprecata, ahimè) per creare una terza via per affrontare il tema della prostituzione, magari guardando ad un’esperienza che viene poco presa in considerazione, ovvero quella della Nuova Zelanda. Finora è stato l’unico Paese a seguire un principio “banale” ma rivoluzionario secondo cui è impossibile difendere le persone che si prostituiscono senza una loro diretta partecipazione alle decisioni. Nel sistema neozelandese le risorse pubbliche sono utilizzate per sostenere attivamente delle iniziative di mediazione del conflitto, prevenzione e cura sanitaria, lotta allo sfruttamento, violenza e prostituzione forzata e minorile.

Credo che nessuna discussione politica sulla prostituzione possa prescindere dal problema di come contrastare i fenomeni di tratta e sfruttamento. A questo proposito segnalo una normativa italiana che è discussa come buona pratica in tutto il mondo. Il modello italiano fa i conti con la realtà dei progetti migratori delle vittime di tratta, che vorrebbero restare: la sua originalità sta nel fatto che le vittime, anche senza denunciare gli sfruttatori, possono ottenere un permesso di soggiorno per protezione sociale convertibile in permesso di lavoro, o di studio. Inoltre sono sostenute nella ricerca del lavoro e inserite in un percorso di migrazione legale. Questa struttura normativa potrebbe essere adottata nel panorama europeo: è un modo efficace per proteggere le vittime e per condurre una vera lotta alle mafie, cioè contro coloro che davvero detengono lo sfruttamento mondiale delle donne. Il Parlamento europeo si è dotato di una commissione antimafia, perché il Consiglio d’Europa non apre anch’esso un focus? Il contrasto finora proposto in sede europea agisce sempre e solo sugli ultimi anelli della catena della prostituzione e non sul sistema criminale che detiene il potere.