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Sporcarsi le mani. Per la cultura

XL-07-08-2013
“Piacere Manuel”. “Piacere Celeste”. Ma non c’era affatto il bisogno di presentarci. Ho incontrato Manuel Agnelli degli Afterhours dopo aver letto, con interesse mista a curiosità, il numero estivo di XL-Repubblica con l’appello dei tanti artisti che hanno voglia di “sporcarsi le mani“, di prendere posizione e fare politica attraverso la cultura. Un progetto identico a quello che nel mio piccolo ho cominciato a fare dopo la mia elezione alla Camera dei Deputati e l’inizio dei lavori in Commissione Cultura.

“Hai paura del buio?”, si chiede fin dal nome il festival. E non è facile rispondere. Da un lato ne ho molta. Perché nessuno di noi sa su cosa stiamo camminando, quali ostacoli abbiamo davanti e, soprattutto, perché continuiamo ad essere soli ed avvolti in questo silenzio assordante.

Dovremmo interrogarci di più su come siamo finiti a questo punto che somiglia tanto alla “Ceguera” di Jose Saramago. Il nero che ci cinge arriva da lontano, da anni di timori, individualismi e passività. Non vogliamo più dibattere, confrontarci, sperimentare insieme, guardare oltre. Ci siamo chiusi da soli in una stanza e tinteggiato di buio le pareti per non far filtrare nemmeno un raggio di sole. Poi le abbiamo insonorizzate, e fatto in modo che non si sentisse l’accenno di una melodia. Nemmeno per sbaglio.

Nelle scorse settimane ho avuto l’opportunità di esporre al ministro della Cultura Massimo Bray, venuto in audizione, le difficoltà di questo mondo di cui fa parte soprattutto la mia generazione di under35 spesso precari. Sono stati i Teatri occupati, in questi anni, a fare i cartelloni, attivandosi nel campo delle attività e contribuendo alla creazione e alla diffusione dei saperi. Penso al Teatro Valle, al Marinoni, ai siciliani Garibaldi e Coppola di Catania, alla Balena di Napoli. Dove uomini e donne, in rete, sono stati supplenti di fatto dello Stato. Per fare cultura.

Penso sia l’ora di una legge sulla musica, quella dal vivo e non. Aspettare ancora sarebbe un vero danno. Anche per questo voglio incontrare musicisti, band e gruppi che fanno parte di questo e altri festival. Intanto sarò con Manuel e gli altri il prossimo 13 settembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Perché la musica deve crescere, deve avere spazio, deve produrre qualità e ricchezza. Lasciandosi alle spalle tutta la burocrazia (inutile talvolta) per organizzare i live.

E il cinema? Forse si terranno a breve gli “Stati generali del cinema” per riflettere sui problemi dell’industria cinematografica in Italia. Ma niente puzza sotto il naso; deve essere un momento di partecipazione aperto a tutti: dai costumisti ai tecnici, dai grandi registi agli studenti delle scuole di cinema. Con uno spirito unitario che sottolinei la funzione sociale e pubblica delle opere cinematografiche. E che risponda ad una domanda semplice e mai banale: si può continuare a dare contributi pubblici a registi esperti e affermati anziché sostenere produttori emergenti?

Per questo e altro non rimane che chiedersi di nuovo: “Hai paura del buio?” Dico di no, se cerchiamo di uscirne fuori insieme.

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Vogliamo sapere i risultati dell’autopsia e vedere la cartella clinica di Moustapha Anaki, 31 anni, migrante proveniente dal Marocco e morto in circostante ancora non chiarite lo scorso 10 agosto nel Centro identificazione e di espulsione Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto (Crotone).

Moustapha Anaki, recluso da un mese nella struttura, si trovava da sette anni in Italia, senza permesso di soggiorno. Quindi per le leggi vergognose (Bossi-Fini, pacchetto Sicurezza 2009) considerato un immigrato irregolare in attesa di espulsione. In seguito alla sua morte i 51 migranti presenti nella struttura hanno protestato rendendo inagibile il centro. Ciò ha portato alla chiusura del Cie e al trasferimento dei migranti in altre strutture italiane. Dall’Ente gestore, le Misericordie, è stato dichiarato che “Anaki soffriva di cardiopatia” e che “la protesta è legata ai tempi di permanenza” e non alla morte del giovane.

Vorremmo capire perché la notizia della sua morte e della successiva protesta dei migranti sia stata comunicata solo dopo una settimana dai fatti. Per questo motivo stiamo per depositare un’interrogazione parlamentare al ministro Alfano e alla ministra Kyenge per chiedere chiarezza al Governo sull’accaduto.

Domani la ministra per l’integrazione Kyenge sarà in visita al centro Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. Ci piacerebbe che in quella occasione rendesse più chiara una vicenda che ha dei contorni decisamente oscuri. E che gettano ombre sulla gestione dell’accoglienza in Italia. Vorremmo conoscere – conclude la deputata Costantino – il motivo della morte di Moustapha, sapere dove sono stati trasferiti i 51 migranti “testimoni” della vicenda, conoscere le condizioni di vita dei migranti dopo la riduzione dei servizi al minimo (21 euro al giorno, il più basso di tutti i centri italiani), apprendere il motivo per il quale la Prefettura nega da mesi l’accesso alla stampa per “ordine pubblico”.

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Se il decreto contro il #femminicidio si rivela solo un pacchetto sicurezza

Chiamiamolo pure con il suo nome “pacchetto sicurezza” e non sicuramente come è stato esemplificato nella comunicazione “decreto contro il femminicidio”. Quello che è stato annunciato non è altro che l’ennesimo decreto omnibus. Perché dietro il paravento del femminicidio troviamo provvedimenti che con questo non hanno nulla a che fare, tipo: proroga del termine in materia di arresto in flagranza durante o in occasione di manifestazioni sportive; norme in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio e per la realizzazione del corridoio Torino-Lione; contrasto alle rapine ecc.

È un’operazione a cui questo Governo ci ha abituati, come dimostra il “decreto del fare” appena approvato dalle Camere: c’è un provvedimento condivisibile (?) e intorno ad esso si inserisce di tutto e di più.
In questo caso, questa pratica diventa più pesante perché – ancora una volta, come con lo “svuota carceri” – si utilizza il corpo delle donne per promuovere dibattiti e legittimare azioni politiche che con le donne nulla hanno a che vedere.
Abbiamo assistito durante l’esame dello “svuota carceri” a un dibattito in cui il M5S e la Lega ci accusavano di mandare per strada gli uomini violenti, gli stalker. Falso, non è mai stato così. Come avevamo sostenuto anche con il voto sulla Convenzione di Istanbul – e con noi l’intero Parlamento – il tema della violenza contro le donne si affronta non da un punto di vista securitario, ma attraverso la prevenzione e alla recidività degli uomini maltrattanti si risponde con un carcere riabilitativo. Soprattutto, abbiamo detto – l’accordo era trasversale – che è con il finanziamento e il sostegno ai centri antiviolenza che si aiutano le donne in un percorso di liberazione e, aggiungo io, di autodeterminazione. Questo avveniva appena qualche settimana fa. Oggi invece si sostiene altro e si decide di dare un colpo al cerchio e uno alla botte.
Così si rimette mano alla legislazione con l’inasprimento delle pene e inserendo la non revocabilità della querela – e su questo ci misureremo a partire dal confronto con le operatrici dei centri antiviolenza – ma di questi stessi centri, che con tanta retorica vengono evocati, in questo decreto non si fa alcun cenno. E da qui invece occorrerebbe partire.
Capisco che i familiari delle vittime guardino a questa iniziativa del Governo con interesse: sono persone private delle loro figlie, sorelle, madri, il loro dolore è troppo grande e la frustrazione è forte di fronte a una politica che è stata sorda davanti alle ingiustizie subite anche nelle aule dei tribunali dove la vittima spesso è stata trattata come carnefice.
Ma alle donne, tutte, sia a quelle che applaudono contente che a quelle che hanno solo parole di condanna, voglio rivolgere l’invito ad un tempo di riflessione: abbiamo un’estate per leggere accuratamente il testo e fare le dovute considerazioni nel confronto soprattutto con chi in questi anni, spesso in solitudine, ha lavorato per porre un argine alla violenza.
Una cosa è certa o per lo meno io ne sono convinta: bisogna fare un’opera di svelamento nei confronti di questo decreto rispetto a quello che c’è e a quello che non c’è. Come Sinistra ecologia e libertà abbiamo presentato una bozza di proposta di legge per l’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole, abbiamo chiesto che venga istituito un Osservatorio nazionale sulla violenza e sulla mercificazione del corpo femminile nei mezzi di comunicazione e abbiamo lanciato l’allarme sui centri antiviolenza. Io in prima persona ho intrapreso un viaggio nei centri, l’ho chiamato #RestiamoVive, per testimoniare le difficoltà in cui versano queste strutture preziose e capire come intervenire al meglio per poterle mettere nelle condizioni di operare. Solo così potremmo parlare davvero di legge contro la violenza maschile sulle donne e non di decreto sicurezza.

Il nostro o.d.g è inerente alL’articolo 59 del decreto legge, articolo che stanzia risorse per l’erogazione di “borse per la mobilità” a favore di studenti che, dopo aver conseguito risultati scolastici eccellenti, intendono iscriversi a corsi di laurea in regioni diverse da quella di residenza.

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