COMMEMORAZIONI 25 APRILE FOTOSTUDIO 13

È un atto vigliacco e di chiaro stampo mafioso quello di cui è stata vittima stamattina Carolina Girasole, ex sindaca di Isola Capo Rizzuto. Ignoti hanno appiccato il fuoco a una palazzina di proprietà della sua famiglia, usata per le vacanze estive, danneggiando gli appartamenti al piano terra e rendendo inagibili gli appartamenti al primo piano.

È l’ennesima minaccia intimidatoria nei confronti dell’impegno della sindaca antimafia, non rieletta alle elezioni di domenica e lunedì scorsi, che per cinque anni ha fatto della giustizia sociale e della legalità le precondizioni con cui ha amministrato un comune sciolto per mafia.

Per anni ha subìto minacce, bombe incendiarie davanti al municipio, la sua auto in fiamme. Ma la sindaca non si è mai tirata indietro, provando a contrastare poteri e famiglie mafiose. Durante la sua amministrazione ha confiscato sette terreni alla mafia, che sono diventati orti, sale musica, ostelli, centri agricoli, ovvero presidi culturali e sociali contro le ‘ndrine.

Dopo la sconfitta alle amministrative nei bar hanno brindato: “Qui la mafia non c’è. La sindaca per cinque anni ha ucciso il turismo a forza di parlare di mafie”. Noi pensiamo che questo atto sia l’ennesima conferma della forza e del controllo del territorio da parte della ‘ndrangheta e faremo di tutto per non lasciare sola Carolina Girasole, a cui siamo vicini e solidali.

Con Don Andrea Gallo

Si mise dietro la mia sedia, poggiò le sue mani sulle mie spalle e disse: “L’abbiamo adottata”. Si era finalmente fermato e anch’io potevo tirare un sospiro di sollievo. Avevo passato tutto il tempo del comizio a guardargli quei piedi che si muovevano veloci, perché avevo paura che nel suo andare avanti indietro sul palco si potesse attorcigliare col filo del microfono e cadere. Era una rock star don Gallo.

Qualche sera prima eravamo nel suo studio. Il caffè, il sigaro, un sorriso che gli illuminava tutto il viso. Mi raccontava del suo passato e lo intrecciava con la storia del Paese. Non dimenticava nulla ed era disposto a capire. Voleva una promessa però, me lo continuava a ripetere: “Dovete essere sentinelle di democrazia”.

Lo stesso calore che dobbiamo continuare a sentire anche adesso che lui non c’è più. Per loro, per le ragazze e i ragazzi, le donne e gli uomini della Comunità di San Benedetto al Porto. Loro in questo momento si sentono orfani del loro don ed è nostro dovere assicurargli sostegno, affetto, protezione. Chi voleva bene a don Gallo deve volere bene alla sua comunità: a quelli che tutti chiamano gli ultimi ma che per lui sono stati sempre i primi.

Piango sì, come si fa a non piangere, Gallo! Ma non è questo che vuoi da me, che vuoi da noi. Non ti deluderemo. Ci vediamo a Genova, appena arrivo abbraccio Megu anche per te.

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Un ponte per Mauro Rostagno: l’antimafia sociale di ieri e quella di domani

Mauro-Rostagno-Maddalena

Chiedimi chi era Mauro Rostagno. E non avrò modo di scrivere in una sola parola tutto quello che faceva. Un “sociologo”, senza dubbio, laureatosi a Trento dopo essere diventato leader del movimento degli studenti nel sessantotto. Un “non violento”; tra i fondatori di Lotta continua. Un “agitatore culturale”, come quando creò alla fine degli anni settanta Macondo a Milano, il centro sociale più grande della città. Un “educatore”, dopo un’esperienza in India eccolò lì a rimboccarsi le maniche al Sud Italia, a Trapani, dove fonda Saman, una comunità di recupero per i tossicodipendenti. Un “giornalista” di Radio Tele Cine (Rtc), una piccola tv di provincia dal quale denuncia connivenze e collusioni tra mafia, politica, massoneria, imprenditoria. Senza paura. Nelle sue trasmissioni faceva nomi e cognomi, raccontava i problemi della città, teneva un filo diretto con i telespettatori, confezionando spesso inchieste in strada, tra la gente comune. Perché parlare di mafia era anche parlare della raccolta dei rifiuti e della mancanza dell’acqua. Un “appassionato”. Uno di quelli che “fa cose serie senza prendersi sul serio”, come suggerisce Maddalena, sua figlia. Mauro non aveva nessun problema a metterci la faccia. Come quando fu testimonial di uno spot per la prevenzione dell’aids.

La cultura, la comunità, il territorio, l’educazione, la denuncia civile, l’informazione, le parole e la ricerca della verità. Erano questi gli strumenti di antimafia sociale di Mauro. Che gli costarono la vita nel settembre 1988. Una esecuzione di mafia. E un processo ancora in corso, apertosi nel 2011, ben 23 anni dopo l’omicidio. Muore in Sicilia, ma a Torino, dove è nato, non c’è nemmeno un luogo a ricordarlo. Da quattro anni il Comune possiede più di mille firme con la richiesta per dedicare a Mauro il ponte in zona Spina3. Nessuna risposta. Sabato a ricordare Mauro c’era anche il sindaco Piero Fassino, che speriamo a breve possa fare in modo di far conoscere la storia di Mauro Rostagno sempre a più persone, una storia preziosa per l’antimafia, un ponte tra ieri, oggi e domani.

Sabato 18 maggio è stata una serata meravigliosa. Ringrazio particolarmente Maddalena Rostagno che mi ha voluta con loro a ricordare suo padre. Una donna forte che non perde un’udienza del processo che si sta celebrando a Trapani. Togliendo spazio alla figlia e al lavoro, spendendo tante energie fisiche e psicologiche. Lo Stato penso debba farsi carico di stare accanto a persone come lei, ai tanti familiari delle vittime di mafia in cerca di giustizia. Per non essere lasciati soli due volte.

Con Marco Grimaldi, Maddalena Rostagno e Davide Mattiello

Con Marco Grimaldi, Maddalena Rostagno e Davide Mattiello

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Boldrini: Femminicidi, ora una legge contro la strage delle donne

Ormai è un appuntamento pressoché quotidiano. Le donne italiane incontrano quasi ogni giorno la morte, la violenza sanguinaria e incontrollata di uomini che non si rassegnano a considerarle persone. La violenza travestita da amore. Ho vissuto questi ultimi giorni sullo scranno più alto di Montecitorio, ed ho avvertito l’affetto e l’orgoglio di tante donne che, fuori e dentro il Parlamento, mi hanno considerata come un’espressione delle loro battaglie di anni per annullare le disparità di genere.[Read more]