Oggi una importantissima operazione antimafia condotta nella Capitale, grazie al lavoro d’indagine della Procura e della squadra mobile, ha portato all’arresto di 51 esponenti della mafia romana. Colpiti i clan Fasciani, Triassi e D’Agati, che da più da due decenni controllano il territorio di Ostia e si spartiscono gli affari. Era in atto una sorta di “pax mafiosa” in base alle quale tutti potevano gestire i loro traffici: dalle estorsioni degli stabilimenti balneari e dei locali agli incendi, gli omicidi e le gambizzazioni.

Questa operazione è l’ennesima conferma dell’allarme che lanciamo da anni sul radicamento nel tessuto sociale ed economico delle mafie nella Capitale. Usura, racket e spaccio di droga, Roma è un porto di clan, ed è un fenomeno che non riguarda solo il litorale: il controllo del territorio avviene anche nel centro storico della Capitale, dove locali notturni, ristoranti, mercati rionali sono vittime quotidiane di estorsioni.

A 22 anni dalla prima denuncia di Gerardo Chiaromonte, ex presidente Commissione antimafia, i numeri sulle mafie a Roma parlano chiaro, nonostante ci sia ancora un forte deficit investigativo e di conoscenze. Basti pensare che la prima condanna al 416 bis è avvenuta l’anno scorso, ai danni di un gruppo criminale operante nel Lazio ma nativo a Casal di Principe. Oggi siamo davanti alla prima vera indagine di mafia a Roma, che conferma come la Capitale d’Italia sia diventata anche una capitale dei clan.

E’ importante rilanciare la lotta alle mafie a Roma, intervenendo in maniera concreta sia dal punto di vista giudiziario, istituzionale e politico, che da quello sociale, lasciando meno spazi ai clan, e proponendo l’antimafia sociale (servizi, cultura e welfare) come strumento più importante contro la criminalità organizzata.

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La cronaca dell’operazione da Paese Sera.it

Roma è una città di mafie. Alla stregua di Napoli, Palermo, Milano e Reggio Calabria. Ho partecipato anche io al Roma mafie tour, un giro “turistico” per raccontare i luoghi simbolo delle mafie di ieri e di oggi. Un’iniziativa dell’associazione antimafie daSud, in occasione della Lunga marcia della memoria, quest’anno dedicata interamente alla Capitale.

Un bus colorato è partito da piazza della Repubblica, passando per via Veneto, via Nazionale, il Campidoglio, corso Vittorio Emanuele, campo Marzio, villa Borghese e finendo la sua corsa a piazza Bologna. In ogni tappa è stato approfondito un tema: dal racket alla droga, dal riciclaggio alla mafia dei colletti bianchi, dalla giustizia alla politica.

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Negli ultimi 20 anni il fenomeno mafioso non si è solo trasformato ma è stato capace di evolversi. In un Paese talvolta arretrato come il nostro, le mafie rappresentano la punta più avanzata della modernità: investono nelle energie rinnovabili, nelle nuove droghe, nel gioco d’azzardo e le slot machine, nei compro oro che spuntano come i funghi nelle nostre città.

I clan non stanno a guardare, sono capaci di cogliere i passaggi di fase politica, di adattarsi ad un sistema economico in continua espansione e sono un caso nazionale come hanno dimostrato – la cosiddetta trattativa, l’inchiesta “Infinito”, il voto di scambio a Milano, gli ultimi comuni sciolti per mafia in Liguria, il caso del pentito Nino Lo Giudice che avvelena gli uffici giudiziari a Reggio Calabria.

Quest’ultima, capitale della ‘ndrangheta. Avvolta per anni da inquietante silenzio: siamo dovuti passare dall’omicidio Fortugno nel 2005, dalla strage di Duisburg nel 2007, dalla rivolta nelle campagne di Rosarno nel 2010 fino al necessario scioglimento del consiglio comunale di Reggio affinché si accendessero i riflettori sulla Calabria. E intanto la ‘ndrangheta s’è presa pezzi interi di economia, di società e di territorio del nord Italia (nonostante il grottesco tentativo di minimizzare da parte della Lega) ed è diventata la più grande organizzazione mafiosa mondiale; gestendo enormi capitali e divenendo leader globale del narcotraffico.

E non è un caso se sempre da Reggio Calabria a Roma è arrivato Giuseppe Pignatone, procuratore della capitale da più di un anno. Roma oggi è una città di mafie alla stregua di Palermo, Napoli, Reggio Calabria e Milano. Ma a Roma in pochi, tra le istituzioni, la politica, gli intellettuali e la cosiddetta società civile, sembrano disposti ad ammetterlo.

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