Lo scorso 15 luglio Filippo La Porta sul Corriere della Sera ha pubblicato un’opinione sulla proposta di legge, di cui sono prima firmataria, per l’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole. Ho pensato, per approfondire gli aspetti delle riflessioni che pone, di rispondere direttamente alle sue domande e considerazioni estrapolando alcune frasi che a mio avviso necessitano alcuni chiarimenti. [Il suo articolo è interamente consultabile qui]
Perché chiamarla «educazione sentimentale» e non sobriamente «educazione al rispetto», e riassorbirla nell’educazione civica?
La proposta di legge nasce dalla necessità di provare ad affrontare le questioni legate alla violenza di genere per una volta non come emergenza, ma per quelle che sono e cioè fenomeni strutturali. Per questa ragione il punto di partenza è lo spirito con cui è stata redatta la Convenzione di Istanbul – che sarà legge tra 15 giorni – e in particolare l’art. 14, in cui si fa riferimento esplicito all’introduzione dell’educazione all’affettività nelle scuole. Giusto fare riferimento all’educazione civica, ma la prospettiva deve essere arricchita: solo l’insegnamento dell’educazione sentimentale può creare un nuovo concetto di cittadinanza e una generazione consapevole, solidale e aperta alle differenze.
Quando un aspetto delle normali relazioni interumane diventa materia didattica significa che il danno è già irreparabile.
Viviamo in un Paese dove le istituzioni continuano a non riconoscere i diritti civili e ad avere solo un approccio securitario per il contrasto alla violenza di genere e agli abusi. Per questo siamo davanti “a danni irreparabili”, soprattutto dal punto di vista della prevenzione e della cultura.
Bisogna ripartire dalla scuola, uno dei luoghi in cui questo arretramento è sempre più visibile. Apriamo le nostre classi e cominciamo a farle diventare spazi aperti in cui si insegna il rispetto per le differenze e si può analizzare il contesto storico sociale degli stereotipi e gli strumenti che li determinano.
Se in Olanda decidono di modificare gli investimenti pubblici nell’istruzione – sostituendo alle borse di studio «a pioggia» dei prestiti agevolati per poter finanziare insegnamenti di qualità, più al passo con i tempi – l’Italia potrebbe seguirne l’esempio, valorizzando però l’apparente ritardo, e puntare sulla propria tradizione umanistica, senza contrapporla alla cultura tecnico-scientifica.
Proprio in Olanda l’educazione sessuale è stata introdotta negli anni ’60. Ed oggi i bimbi tra i 4 e i 12 anni iniziano il programma “Relationship and Sexuality” che consiste in 50 ore di lezione, in cui si affrontano diversi temi: dalla conoscenza del corpo alle differenze, dall’amicizia all’amore, dalla contraccezzione alle violenze. Spesso con il supporto di dvd, riviste, siti web. Una dimostrazione evidente di come l’educazione sentimentale sia uno sguardo utile alla creazione dei programmi didattici e non una semplice materia. Nella nostra proposta di legge prevediamo infatti che siano adottati unicamente di libri di testo che rispettino le indicazioni contenute nel codice di autoregolamentazione Polite (pari opportunità nei libri di testo), redatto con il contributo della Commissione europea e del Governo italiano. Perché si continua ad insegnare Gabriele D’Annunzio e non Sibilla Aleramo?
Solo se avremo insegnanti capaci di ritrovare il nesso stringente tra letteratura ed esperienza reale allora non avremo bisogno di nuove materie.
Benché non facciano notizia ci sono tantissimi esempi virtuosi di educazione sentimentale – da Nord a Sud Italia – che confermano come il Paese sia più avanti della politica e come in questi anni siano cresciute professionalmente tante persone pronte a loro volta a formare nuovi insegnanti. Ora è il momento di sistematizzare le migliori esperienze e creare un percorso istituzionale chiaro. Peraltro in tante università italiane, è attivo il corso di gender studies (o studi di genere) che non è un campo di sapere a sé stante, ma il risultato di un incrocio di metodologie che abbracciano diversi aspetti della vita umana. Per questo motivo una lettura attenta agli aspetti di genere è applicabile a qualunque branca delle scienze umane, sociali, psicologiche e letterarie.