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Ho interpellato il ministro dell’Ambiente ormai più di venti giorni fa sulla “emergenza” rifiuti a Reggio Calabria, sottolineando che il tema non investiva solo l’incapacità della classe dirigente calabrese di risolvere questo dramma ma che era evidente che fossimo in presenza di un sistema creato ad hoc da mafie e clientelismo per gestire il sistema di smaltimento dei rifiuti.

La risposta del Governo è stata del tutto insufficiente e non ha minimamente sfiorato la questione della legalità e della trasparenza. Oggi leggiamo che l’operazione “Rifiuti spa 2” – che ha portato all’arresto di 24 persone ieri – evidenzia il sempre più centrare ruolo del boss Matteo Alampi, “imprenditore ‘ndranghetista” che dal carcere ha continuato in questi anni a gestire gli affari della sua cosca. Avvalendosi di decine di persone, tra cui anche due prestigiosi avvocati penalisti del Foro reggino, che si sarebbero prestati a fare da “postini e da portatori di messaggi e notizie agli altri sodali non detenuti”.

Associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, intestazione fittizia di beni tra i principali reati contestati agli arrestati. L’indagine è la prosecuzione dell’operazione “Rifiuti spa”, che nel 2006 aveva accertato l’esistenza di un accordo tra le cosche Libri e Condello, finalizzato alla ripartizione dei proventi economici ricavati dalla gestione fraudolenta delle discariche presenti in tutta la regione.

In Calabria l’anno scorso solo 12 imprese su 161 che operano nello smaltimento dei rifiuti avevano il certificato antimafia. Intanto la raccolta differenziata rimane bloccata al 4%. Tutto ciò mentre il presidente della Regione dimissionario Giuseppe Scopelliti – aderente al Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano, quindi nella compagine del Governo di cambiamento di Matteo Renzi – affermava che «A Reggio non ci sono mai stati grossi problemi. Solo un migliaio di tonnellate di rifiuti a terra».

Spero che il Pd calabrese non abbia tentazioni di piccole intese come sul modello nazionale. E noi saremmo quelli tacciati di contraddizione?

La marcia è partita da una delle roccaforti della criminalità organizzata calabrese: San Luca (statale 106, svincolo Bovalino). Arriveremo ai piedi del monolite di Pietra Cappa, che si staglia tra il fitto bosco dell’Aspromonte. In questo luogo nel 2003, in seguito a una lettera anonima, furono trovati i resti di Lollò Cartisano, sequestrato e ucciso dalla ‘ndrangheta dieci anni prima. Oltre alla sua, molte altre storie verranno ricordate: ogni tappa del cammino sarà infatti dedicata a una vittima di ‘ndrangheta. Un appuntamento fisso, ogni anno. Un’occasione per rinnovare quel percorso di recupero e ricostruzione della memoria dal basso che daSud porta avanti da sempre e che abbiamo portato avanti, tra gli altri, con il libro ‘Dimenticati. Vittime della ‘ndrangheta’ e con ‘Sdisonorate – Le mafie uccidono le donne’, il dossier che ha decostruito gli stereotipi sui femminicidi di mafia: http://goo.gl/eX9lk8