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Uno spettro si aggira per l’Europa. È la democrazia “rivoluzionaria” di Tsipras. #WeAreAllGreeks

269Uno spettro si aggira per l’Europa. È la democrazia “rivoluzionaria” di Tsipras, che chiede al proprio popolo di scegliere il futuro della Grecia e, contemporaneamente, un nuovo modello di Europa. Non si tratta di una decisione o dentro o fuori dall’euro, come viene spacciata da chi evoca lo stesso referendum in Italia (Salvini e Movimento 5 stelle), ma di un ragionamento complesso sulle politiche di welfare, del lavoro e dello sviluppo dell’economia.

So che per alcuni è una scelta incredibile quella di affidare ai cittadini greci il futuro della loro stessa nazione. Ma si chiama democrazia, “governo del popolo”, concetto nato proprio nel paese ellenico e quanto mai dimenticato dai paesi capofila dell’unione monetaria europea.

Questa scelta ci riguarda. Non è un braccio di ferro tra la moneta unica e il ritorno alla dracma. Si tratta di un confronto tra austerità (prima responsabile di povertà e disoccupazione) ed una autonomia fatta di vera sussidiarietà e solidarietà tra Stati.

Il terrore di queste ore nei mercati è dovuto principalmente a ciò che politicamente rappresentano le prese di posizione di Syriza in Europa. Non parliamo solo di fredde cifre, interessi e debiti, ma di un cambio di passo, dello svelamento del sistema ricattatorio del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea:
«La decisione verrà presa dal popolo greco – ha detto Tsipras – Se si vuole continuare in perpetuo con piani e misure di austerità che ci renderanno incapaci di alzare la testa, con migliaia di giovani che lasceranno il paese per andare all’estero e tassi di disoccupazione alti noi rispetteremo la scelta, ma non la porteremo avanti». Il premier greco ha avuto il coraggio di rispedire al mittente l’“offerta” arrivata da Bruxelles e di chiedere al popolo greco se accettare un futuro di rate per rimborsare i prestiti, di impossibilità di poter imboccare strade diverse, di un commissariamento di fatto, con conti vincolati e il trionfo dell’austerità come unica via di “progresso”.

Ad offerte molto simili l’Italia ha risposto “facciamo subito le riforme”. E la realtà è davanti a tutti: mancanza di fondi per welfare e servizi, una riforma del lavoro che straccia l’art. 18, la scuola sempre più in mano ad interessi privati e in balia dei super poteri di pochi, una miriade di diritti sociali non riconosciuti.

Non sono questi gli Stati Uniti d’Europa che avevamo immaginato. Anche per questo dovremmo sentirci tutti greci.

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Mafia Capitale, atto II. Governo ha fatto poco in questi mesi. Servono nuovi strumenti di welfare

Maltempo: su social network foto 'Shelf cloud' e doppio arcobaleno

Un altro tassello dell’organizzazione di Mafia Capitale è stato svelato oggi grazie al blitz dei Ros che ha portato a 44 nuovi arresti e 21 indagati a piede libero. Tra loro uomini politici di primissimo piano sia alla Regione Lazio che in Campidoglio.

Il gruppo riconducibile al boss Carminati e al suo braccio destro Salvatore Buzzi, conferma come il clan, nato e radicato a Roma, avesse come principale business quello della gestione dei migranti: una rete di cooperative sociali che, attraverso corruzione e tangenti, hanno ottenuto denaro pubblico e finanziamenti per centri e servizi. Fari accesi sul Cara di Mineo, dove in queste ore è in corso una perquisizione.

Tra i nomi degli arrestati spicca anche anche l’ex presidente del X Municipio Ostia, Andrea Tassone, territorio dove è stato riconosciuto a Roma il primo 416bis al clan Fasciani. Insomma come diciamo da tempo la Capitale è diventata un porto di mafie, ma il Governo Renzi è troppo preso dallo smantellamento della Costituzione e della scuola.

In questi sei mesi dall’inizio dell’inchiesta Mondo di mezzo ben poco è stato fatto dall’Esecutivo. Non basta prevedere nuovi reati o pene più pesanti: il sistema di Mafia capitale spiega benissimo come i clan stiano, grazie a soldi pubblici e politici corrotti, gestendo un welfare parallelo, offrendo servizi, organizzando le nostre vite e arruolando manovalanza.

È il momento di rimettere al centro una antimafia dei diritti, della giustizia sociale, che abbia in nuovi strumenti di welfare, come il reddito minimo garantito, la forza per contrastare culturalmente le mafie e la corruzione.

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De Luca e la querela alla Bindi: il Pd tratta il tema della legalità e della trasparenza come una sfida interna

Adesso anche la querela. E il Pd è disposto a uccidere simbolicamente una personalità come Rosi Bindi a favore dell’impresentabile De Luca. Senza scrupoli, senza tentennamenti. Altro che rottamazione: siamo alle purghe staliniste.

Trattano il tema della legalità e della trasparenza delle istituzioni come una sfida interna. La capacità di una forza politica di contrapporsi alle mafie non è stata e non è una questione al centro delle preoccupazioni del partito che governa questo Paese.

Ora si attendono le legittimazioni esterne. Archiviato Saviano è arrivato il verbo di Cantone. Io invece ribadisco che non ho bisogno né di Saviano e né di Cantone per dire che De Luca non andava candidato. Per il profilo che ha, per le alleanze che ha messo in campo.