Il prossimo 25 settembre saranno passati esattamente dieci anni dalla morte di Federico Aldrovandi, studente ucciso da quattro poliziotti per “eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi” dice la Cassazione. In una sola parola dovremmo dire che si tratta di tortura, reato che finora non ha fatto parte del nostro codice penale.
Le storie del massacro della Diaz, delle violenze di Bolzaneto, dell’accanimento delle forze dell’ordine su Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e purtroppo tanti altri per cui abbiamo chiesto l’istituzione di una commissione ad hoc in Parlamento. Qualche mese fa sembrava di essere finalmente vicini al recepimento della Convenzione Onu che definisce il delitto di tortura un reato proprio del pubblico ufficiale, con circa 30 anni di ritardo. Un testo nato da una mediazione, che non ci ha mai soddisfatto completamente, ma che rappresentava un primo passo per il riconoscimento di questo delitto.
Ma il testo che abbiamo rinviato al Senato è stato nuovamente cambiato, con l’annullamento di tutte le modifiche fatte a Montecitorio.
Siamo davanti ad un continuo rimpallo che mette a rischio la legge. Ma non solo. Le aggravanti per il reato di tortura commesso da pubblico ufficiale sono state abbassate; sono sparite le finalità per definire meglio la fattispecie e cancellata la locuzione “per vincere una resistenza”. Insomma tutte le modifiche che ha dettato il Sap, sindacato di polizia, sceso in piazza con Salvini. È inconcepibile che questa maggioranza non ripari a questa vergogna. O forse siamo davanti alla vera essenza di questo Governo Renzi-Alfano.