È vero, la crisi non è uguale per tutti: colpisce soprattutto operai, giovani, donne e disoccupati. In questi giorni il Governo ha esultato dopo che l’Istat ha certificato che il numero delle persone in condizione di povertà è rimasto stabile nell’ultimo anno. C’è poco da gioire davanti a quattro milioni di indigenti: un milione e 800mila vivono nel Mezzogiorno, due milioni sono donne, più di 860mila hanno un età tra i 18 e 34 anni, circa 600mila sono anziani. Questo è il risultato delle politiche dell’austerity e dei tagli al welfare condotte dai Governi Monti, Letta e Renzi.
Il premier continua a ritenere “incostituzionale” la nostra proposta di introduzione del reddito minimo garantito, uno strumento universale, adottato in tutta Europa, che potrebbe far invertire anche la tendenza del radicamento della povertà assoluta in Italia.
Costerebbe tra i 14 e i 23 miliardi, una spesa non impossibile dopo aver rimodulato ammortizzatori sociali e aver attinto alla fiscalità generale. Manca la volontà politica. O forse la volontà politica è quella delineata dalle ultime leggi, dove diritti fondamentali sono stati cancellati: jobs act, scuola, stabilità. Non è un Paese per tutti.