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L’educazione sentimentale arriva alla Camera! #1oradamore

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Oggi inizia in Commissione istruzione e cultura della Camera dei deputati l’iter sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole.
Una giornata storica per tutti noi che abbiamo creduto in questa proposta di legge e abbiamo continuato a fare pressione dal basso affinché venisse discussa in Parlamento.
Siamo davvero all’inizio. Il percorso è ancora lungo e bisognerà vigilare affinché non vengano ulteriormente dilatati i tempi. Un dato però c’è e ce lo dobbiamo rivendicare tutti insieme: finalmente il Parlamento discuterà di “prevenzione” – e non soltanto di leggi punitive e securitarie – alla violenza maschile sulle donne, all’omofobia e al bullismo.
In tanti c’avevano provato negli anni. Noi siamo gli unici ad esserci riusciti. Perché? Perché questa proposta di legge, fin dalla sua scrittura, si è avvalsa di una cosa fondamentale: la partecipazione. Dall’ascolto delle operatrici dei Centri antiviolenza (Cosenza, Napoli, Padova, Potenza, Ferrara, Catania, Bologna, Pesaro, L’Aquila, Pescara, Pordenone, Roma, Latina, Casal di Principe) che sono andata a visitare nel viaggio che ho chiamato #RestiamoVive; ai suggerimenti che mi sono arrivati da insegnati, dirigenti scolastici, associazioni, cooperative, movimenti, case editrici, giornalisti, psicologi e pedagogisti.
Grazie all’associazione daSud e a Change.org, ormai tre anni fa lanciammo la campagna #1oradamore: era un modo per far conoscere la proposta di legge e per sostenerla affinché non venisse lasciata in un cassetto come purtroppo avviene alla stragrande maggioranza delle proposte di iniziativa parlamentare. In più, il pericolo – rispetto all’educazione sentimentale – era che il tema in sé venisse cassato perché considerato tema sensibile, questione “etica” su cui è bene non legiferare. Di solito ci si appella a queste argomentazioni per scongiurare le decisioni.
Oggi siamo di fronte a una nuova sfida. Teniamoci pronti a parare i colpi di una discussione che non sarà affatto facile. Che ripercorrerà in parte quel discorso pubblico agghiacciante che abbiamo già ascoltato con le Unioni civili e la Step child adoption e che vedrà al centro il fantasma della teoria del gender, con tutte le falsità che ne conseguono: masturbazione in classe dei bambini, indottrinamento ideologico, sponsorizzazione dell’omosessualità e transessualità e tante altre amenità affini.
Noi invece manterremo la barra ferma sullo spirito, sull’obiettivo della legge e sulle numerose esperienze che già esistono nelle scuole italiane e alle quali ci siamo ispirati per condurre questa battaglia culturale. Una su tutte: l’associazione Scosse. Grazie a loro lavoro su Roma e grazie anche al festival che promuovono “Educare alle differenze”, arriviamo a questo appuntamento forti di una pratica già consolidata, attivata nel tempo, che ci racconta come il Paese è più avanti della politica. Cioè quello che noi proviamo a sancire in un testo di legge esiste già: il problema è che solo alcuni bambini e alcuni ragazzi hanno la fortuna di averne accesso. Con questa legge, invece, rendiamo organico e strutturale un modello di insegnamento che, laddove è stato fatto, ha prodotto risultati importanti. In Italia come in Europa.
Non a caso la Convenzione di Istanbul caldeggiata dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, votata all’unanimità ormai tre anni fa, chiedeva nell’articolo 14 agli Stati ratificanti di inserire l’educazione all’affettività – prima si chiamava educazione sessuale – nelle scuole di ogni ordine e grado. L’hanno riconosciuta necessaria tutti i paesi del nord Europa a partire dagli anni 50. Poi, a cascata, tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70, l’hanno assunta anche la Germania, la Francia, l’Olanda, il Regno Unito, la Spagna. Lasciando l’Italia e la Grecia come unici Paesi in cui nulla in termini normativi è mai stato fatto.
Adesso, e lo vedremo, sembra sia arrivato anche il nostro momento e nessuno pensi che tutto si gioca in Parlamento. Non è finito lo sforzo con cui avete contribuito a questo primo successo. La pressione affinché non venga snaturata “troppo” la legge ci deve vedere di nuovo tutti impegnati. Bisogna vigilare e monitorare il lavoro istruttorio. A partire dall’adozione del testo base. La nostra legge non è l’unica ad essere stata presentata in questi anni: ci sono proposte che vanno da Forza Italia al Pd, passando per il Movimento 5 stelle. Siamo consapevoli che l’ora dedicata all’educazione sentimentale sarà molto difficile da portare a casa, ma ci sono dei punti sui quali ci deve essere grande fermezza: formazione a tutti gli insegnanti e libri di testo.
Chi fa la formazione? C’è un elenco sterminato. Dimentichiamo che anche in Italia sono arrivati nelle accademie universitarie i corsi di laurea in gender studies materia in sé già multidisciplinare esattamente come multidisciplinare deve essere l’approccio alla prevenzione e al contrasto alla violenza. Tre filoni vanno seguiti: educazione sessuale, educazione civica, educazione di genere. E poi l’esperienza pratica da cui poter attingere che sono appunto i centri antiviolenza e le associazioni che in questi anni questo ruolo di formatori l’hanno già assunto.
Quali libri di testo? Anche qui l’elenco è sterminato. Bisogna far seguire il codice Polite e bisogna dare spazio alla lettura e alla letteratura di genere.
Battaglie coraggiose sono state intraprese in questi anni, penso a quella della consigliera comunale di Venezia Camilla Seibezzi che dopo aver portato delle favole che tengono conto dei cambiamenti sociali se l’è viste come nei peggiori periodi oscurantisti bandite dalle biblioteche della città per decisione del Sindaco. E tante tante realtà – piccole e grandi – che sono state capaci di produrre e diffondere la cultura della realtà.
Oggi ci dobbiamo riconnettere ancora una volta. E farlo però non più in una condizione di debolezza ma di forza perché il primo risultato lo abbiamo prodotto. L’associazione Frida Kalho di Marano (Napoli) con alla testa Stefania Fanelli che, generosamente, a spese proprie, ha prodotto 10.000 cartoline per chiedere al Governo di discutere la proposta di legge può dire a se stessa di avere vinto. Di esserci riuscita. Ma adesso ci aspetta un altro step non meno faticoso e va seguito con attenzione.
I mezzi e gli strumenti per osservarlo direttamente e in trasparenza esistono: gli stenografici del lavoro in commissione attraverso il sito della Camera e le dirette video dell’aula; la comunicazione costante dei parlamentari del gruppo di Sinistra Italiana con un attenzione maggiore chiaramente da parte mia che sono la prima firmataria e da parte di Annalisa Pannarale che seguirà il provvedimento in commissione; il lavoro di diffusione che metteranno i campo le compagne che hanno dato vita a Pink Factor Elettra Deiana, Cecilia D’Elia, Elisabetta Piccolotti, Maria Pia Pizzolante, Giorgia Serughetti; le giornaliste e i giornalisti che si sono sempre occupati del tema come Loredana Lipperini, Riccardo Iacona, Raffaele Lupoli, Giacomo Russo Spena, Michele Cucuzza, Roberto Moliterni, Giovanna Pezzuoli e tutto il blog della 27a ora del Corriere della Sera, Zeroviolenza, Leggendaria, Maria Fabbricatore di Fimmina tv, Luca Sappino, Angela Azzaro, l’Huffington Post; gli artisti che hanno prestato professionalità e sostegno alla causa come Gustav Hoffer e Luca Ragazzi che hanno girato il video clip #1oradamore o come Serena Dandini, Lunetta Savino, Paola Minaccioni che hanno firmato l’appello; il teatro Rossi di Pisa che mi ha accolta sul palco ed Elena Fazio e Angela Sajeva che l’hanno portata in scena; l’associazione Carminella e Amore e psiche che l’hanno portata dentro l’Università; il Pride di Palermo che è stato il primo a crederci e a volerci dedicare una giornata intera e così poi tutti i movimenti GLBT che hanno portato avanti questa battaglia; le famiglie arcobaleno e l’Agedo; le forze dell’ordine come il Commissariato di Torpignattara, che ha promosso insieme a Leonardo Loche al Liceo Immanuel Kant iniziative di approfondimento sul tema. In tre anni ho fatto centinaia di iniziative, di presentazioni di questa legge in cui ho incrociato le esperienze più diverse, di questo devo ringraziare in gran parte Sinistra ecologia e libertà, quelle compagne e quei compagni sui territori che c’hanno creduto ed hanno fatto nelle proprie realtà un lavoro straordinario. E in ultimo Nicola Fratoianni coordinatore nazionale di Sel, che non mi ha fatto mancare mai il suo supporto, e il capogruppo Arturo Scotto, che ha spinto per farla calendarizzare.
Ecco ci siamo, adesso tocca davvero a noi. Ci sarà da divertirsi.
A questo link possiamo ancora firmare la petizione
https://www.change.org/p/educazione-sentimentale-nelle-scuole-1oradamore
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Presentata alla Camera la mia interrogazione per i lavoratori della Reggia di Venaria

VENARIA

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13571

COSTANTINO Celeste

COSTANTINO, DURANTI e RICCIATTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
la Reggia di Venaria apre ufficialmente i suoi spazi al pubblico il 12 ottobre 2007, dopo circa 10 anni di lavori di ristrutturazione. Si è trattato di un cantiere su cui sono state impegnate grandi risorse provenienti in gran parte da fondi comunitari, cantiere che è stato per anni il più grande d’Europa. Oggi la Reggia di Venaria è tra i beni protetti dall’Unesco;
per l’organizzazione dei servizi necessari alla sua apertura la regione Piemonte predispone un bando di gara spedito in data 27 aprile 2007 che viene aggiudicato definitivamente all’A.T.I. CODESS CULTURA Soc. Coop – Società servizi socioculturali cooperativa sociale Onlus – Arethusa s.r.I – Cooperativa lavoratori ausiliari del traffico L.A.T – Cooperativa sociale P.G Frassati Onlus;
avverso tale aggiudicazione, in data 7 giugno 2007, la seconda in graduatoria, il concorrente REAR Soc. Coop (Capogruppo) e CO.PA.T Soc. Coop – Pulintec Servizi s.r.l. proponeva ricorso al Tar e vedendosi accolto il ricorso, subentrava nel servizio a CODESS dopo 8 mesi circa dall’apertura del complesso. L’intera vicenda giuridica si concluderà poi ben oltre la scadenza naturale dell’appalto, con il riconoscimento da parte del Tar delle ragioni di CODESS avverso le decisioni del neo-nato consorzio La Venaria Reale, il quale ha lasciato gestire il servizio per l’intero periodo a REAR, nonostante il fatto che, a livello giuridico, le ragioni dei concorrenti parevano comunque in continua alternanza;
l’ingresso della REAR è stato subitaneo e «traumatico»; nell’arco di 15 giorni i lavoratori che precedentemente operavano presso la Reggia di Venezia si sono visti recapitare le lettere di licenziamento da CODESS;
il Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato ai lavoratori da CODESS era il MULTISERVIZI PULIZIE FISE. Il subentro della REAR, che anche per tramite di funzionari della Reggia e per esplicita volontà della REAR, si voleva eseguire senza adempiere regolarmente al passaggio diretto delle maestranze ai sensi dell’articolo 4 del CCNL Multiservizi, normalmente previsto in cambio d’appalto, ma tramite «chiamate dirette» negli uffici della REAR (procedura anche «consigliata» dai funzionari della Reggia);
tale situazione ha visto nascere una vertenza sindacale tesa da un lato ad assicurare che tutti i lavoratori in appalto venissero assunti da REAR (che non considerava il caso di fattispecie un cambio di appalto) e dall’altro al riconoscimento dell’applicazione del CCNL finora applicato per garantire i livelli di reddito;
REAR era intenzionata infatti ad applicare un altro CCNL, notoriamente peggiorativo: il CCNL multiservizi unici;
la vertenza (sintetizzata nel verbale della prefettura si conclude, anche a seguito dell’intervento della regione Piemonte con la vittoria del sindacato a vedersi applicato il Multiservizi Fise;
ciononostante, alcuni lavoratori, a causa della paura, della confusione che regnava in quei giorni e anche a causa dei sedicenti consigli provenienti dai funzionari della Reggia si sono recati negli uffici REAR prima dell’accordo che ha posto fine alla vertenza e si sono visti applicati il Contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Unione nazionale della cooperativa italiana (UNCI);
come si vedrà, questo ultimo fatto avrà per tali lavoratori delle conseguenze che si protraggono finora, anche perché il tipo di contratto a loro proposto è stato non solo il contratto UNCI ma addirittura un contratto «a chiamata»;
questo primo appalto finirà dopo un lungo periodo di proroga che vedrà il Consorzio (che nel frattempo si è costituito giuridicamente come ente strumentale) cercare di fronteggiare le vertenze sindacali nate per rivendicare una paga più consona al servizio fornito, l’applicazione del contratto di settore e la risoluzione di quelle storture ancora presenti a causa della politica sindacale di REAR che continuava ad applicare il CCNL UNCI a un discreto numero di lavoratori (anche provenienti da altri cantieri ma poi messi stabilmente ad operare in Reggia) e a causa del clima volutamente ostile e anti-sindacale della REAR;
il periodo si conclude comunque positivamente per i lavoratori, con la stipula del Protocollo d’intesa tra organizzazioni sindacali e consorzio teso a definire i contenuti del nuovo bando di gara e con la conseguente aggiudicazione definitiva dell’appalto all’A.T.I LA CORTE REALE s.r.l., di cui fa parte anche la REAR;
il CCNL applicato ai lavoratori da ATI LA CORTE REALE è quello accordato nel protocollo d’intesa e previsto nel bando di gara: il CCNL FEDERCULTURE;
l’organizzazione del lavoro, nonché la mobilità interna e le procedure per la sostituzione del personale dimissionario sono regolate da un accordo quadro tra azienda e Organizzazioni sindacali tuttora vigente. Fine principale di tale accordo è pervenire nel tempo a una sempre maggiore stabilizzazione del personale ad oggi purtroppo ancora precario, poiché «a chiamata»;
durante il periodo che va dall’aggiudicazione all’ATI LA CORTE REALE ad oggi, le condizioni e l’organizzazione del lavoro non sono rimaste del tutto inalterate: vi sono state delle riduzioni abbastanza contenute nel servizio riguardanti in un primo momento il lavoro «a chiamata» (inizialmente previsto anche nell’accordo quadro come lavoro da utilizzarsi nelle mostre temporanee al fine di garantire a questi lavoratori un bacino più o meno sicuro di ore da cui attingere) che è stato ridotto ai minimi termini e utilizzato o in via di grandi eventi straordinari o in via di sostituzione personale per ferie, malattie o aspettative –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intendano, per quanto di competenza, nella gestione della vertenza assumere ogni iniziativa che favorisca l’applicazione dei contratti di riferimento Federculture che tradizionalmente tutelano e migliorano la qualità del lavoro e i termini contrattuali e valorizzano la professionalità delle maestranze, oggi perlopiù assunte con contratti multiservizi, essendo il contratto Federculture l’unico contratto specificatamente indirizzato al settore culturale, soprattutto in ambito imprenditoriale. (4-13571)

Al seguente link l’interrogazione per monitorare la risposta dei ministeri interrogati

http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/13571&ramo=CAMERA&leg=17

 

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Oggi alla Camera dei Deputati la presentazione del secondo rapporto #FilieraSporca

filiera sporca

 

Oggi alle 10 la conferenza stampa presso la Sala stampa della Camera dei Deputati per presentare il secondo rapporto della campagna #FilieraSporcaLa raccolta dei rifugiati. Trasparenza di filiera e responsabilità sociale delle aziende” a cura di Terra!Onlus, associazione antimafie daSud e Terrelibere.org. U

viaggio per indagare le cause del caporalato nell’anno che ha fatto registrare oltre dieci morti nei campi e centinaia di migliaia di braccianti, stranieri e italiani, sfruttati per la raccolta dell’ortofrutta. Lavoro schiavile che passa anche per l’utilizzo di migranti richiedenti asilo, come quelli del Cara di Mineo. Nel secondo rapporto #FilieraSporca interroga e fornisce le risposte dei grandi attori della filiera agroalimentare, denuncia la mancata trasparenza della Gdo e il ruolo distorto delle Organizzazioni dei produttori che agiscono come moderni feudatari, dimostra come il costo delle arance riduce in povertà i piccoli produttori e lascia marcire il made in italy. I soggetti promotori della campagna #FilieraSporca inoltre presenteranno proposte concrete al Governo e buone pratiche alle aziende.

Intervengon assieme a me

Fabio Ciconte, Terra! Onlus e portavoce #FilieraSporca, Sara Farolfi e Antonello Manganoricercatori, ​Luigi Manconi, senatore Partito Democratico​

modera Lorenzo Misuraca, Associazione daSud