Oggi, in occasione dell’inaugurazione della nuova sala cinema presso la sezione femminile del carcere di Rebibbia, sarò alla proiezione del documentario “Terra Terra. Il campo di grano rubato al carcere”.
È arrivato in Commissione Affari costituzionali il Decreto Sicurezza del ministro Minniti. E già la tempistica con cui la Commissione dovrà affrontare questo provvedimento è paradigmatica. Meno di una settimana per discutere, per ascoltare i soggetti “coinvolti” dal decreto, per presentare e votare gli emendamenti di tutte le forze politiche.
La solita mortificazione dei lavori parlamentari, ma soprattutto nessuna cura per i temi delicati di questo decreto. E, va precisato, la velocità con cui bisogna andare avanti non ha a che fare con la realtà. Il carattere d’urgenza che anche questa volta viene invocato semplicemente non sussiste (i numeri dei migranti irregolari non è in crescita, così come non lo è quello dei crimini di strada). Ha a che fare probabilmente con il suo proponente e la fase politica che stiamo attraversando.
Marco Minniti è l’uomo forte del governo Gentiloni. Lo è per curriculum e lo è per il potere accumulato grazie proprio alle varie postazioni affidategli in questi anni. Inquieta la leggerezza con cui si è concepito il suo passaggio dai servizi segreti alla carica di ministro dell’Interno. Quando parla lui tutto tace. Tace la destra e, purtroppo, tace anche la Sinistra. Perché Marco Minniti, negli schemi vetusti e anacronistici della politica novecentesca, è uomo di Sinistra. Braccio destro prima di D’Alema e adesso di Renzi-Gentiloni. Ecco perché, con autorevole spregiudicatezza, arrivano oggi questi due decreti -quello immigrazione al Senato e quello sicurezza alla Camera – e tutto si ammanta di “normalità”.
Due provvdiementi che avrebbero fatto inorridire non la Sinistra radicale ma gli onesti democratici di questo Paese diventano elementi di profonda riflessione. Ma andiamo al merito.
La prima osservazione è di ordine culturale. Come ha fatto notare Antigone, il decreto Sicurezza si pone in sorprendente continuità col decreto-legge del 5 maggio del 2008 (Maroni), di cui rilancia lo spirito, proponendo un’idea di una sicurezza che considera la marginalità sociale presente nello spazio pubblico come elemento deturpatore del decoro, della quiete pubblica e finanche della moralità”. L’approccio al tema da parte del governo è vessatorio e quasi classista. Viene criminalizzato l’accattonaggio e rafforzato il sistema reclusorio.
La seconda osservazione è di carattere materiale. Il dl Minniti si abbatte sulle fasce più svantaggiate e povere della popolazione e amplia i poteri straordinari dei Sindaci che diventano veri e propri sceriffi. Si parla spesso nel testo di “sicurezza integrata”. Si promuove teoricamente una sinergia istituzionale fra enti statali, regionali e comunali. Nella pratica però si introduce la figura di un sindaco dotato di più ampi poteri, le cui ordinanze incidono in maniera significativa sulla libertà di circolazione.
Si identificano degli indesiderabili da sanzionare ed espellere da alcune aree dello spazio pubblico. Con modifica dell’art.50 del TUEL, in caso di situazioni contingibili e urgenti, il potere di ordinanza non riguarda più unicamente l’ambito sanitario. Ora ci sono anche il decoro, l’accattonaggio, la prostituzione, la vendita di materiale contraffatto. È la palese criminalizzazione dei migranti e dei poveri.
La terza osservazione invece è di profilo costituzionale. Il decreto prevede che il sindaco prima e il questore poi può per talune persone disporre l’allontanamento e il divieto di accesso a certi luoghi per periodi non superiori all’anno. Le norme violate sono di questo tipo: “condotte lesive del decoro urbano, violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi (anche in conseguenza di assunzione di sostanza alcoliche o stupefacenti), prostituzione con modalità ostentate”.
Le sanzioni raddoppiano nel caso in cui le persone colpite dalla sanzione siano state condannate con sentenza confermata in appello per reati contro la persona o il patrimonio. Ciò vuol dire che si violano il principio di uguaglianza e il principio di presunzione d’innocenza (la persona potrebbe essere assolta in Cassazione).
Significa inoltre – seconda conseguenza – che potrebbe verificarsi che una persona si veda comminata una sanzione pecuniaria e l’allontanamento da una parte della città a causa di una condanna che poi non viene confermata. Nell’articolo 10 si specifica che la concessione della libertà condizionata può essere revocata qualora e laddove questi divieti non vengano rispettati. Per cui vi è anche un riflesso in materia penale e penitenziaria.
Infine il decreto prevede che alle persone condannate, anche con sentenza non definitiva, per vendita o cessione di sostanze stupefacenti il questore, sempre lui, possa disporre il divieto di accesso e stazionamento in certi luoghi (tipo locali) per un periodo non inferiore a un anno e di massimo cinque anni. Una sorta di daspo in cui si viola chiaramente il principio della presunzione d’innocenza.
A questo decreto va abbinato l’altro, quello specifico sull’immigrazione. Quello che, per intenderci, reintroduce i Cie ed elimina la possibilità di ricorso per i richiedenti asilo. Se poi ci aggiungiamo anche un accordo con la Libia dai contorni poco chiari… ecco che il quadro è (quasi) completo!
Eppure tutto tace. Un’azione politica che potrebbe essere tranquillamente targata Lega viene attuata da un governo a maggioranza Pd senza avere alcuna voce critica al proprio interno. Il M5S nicchia come sempre di fronte a provvedimenti di questa natura, e la destra sghignazza sotto i baffi.
Nel frattempo irrompe la realtà. Quella degli sbarchi. Quella che vede morire carbonizzati due uomini originari del Mali nel Grande Ghetto di Rignano. Ma state tranquilli: prima gli italiani.
http://www.huffingtonpost.it/celeste-costantino/lintoccabile-decreto-sicurezza-del-ministro-minniti_b_15180842.html
Tutte le vittime innocenti delle mafie hanno diritto al ricordo e alla memoria. Ecco perché oggi finalmente istituiamo una giornata che sia in grado di raccontarle.
E’ una legge per le vittime e per i loro familiari ma è una legge che riguarda tutti noi. E’ una legge che ci interroga e che ci mette nelle condizioni di guardare dentro l’Italia migliore.
Questa legge nella sua semplicità è un primo passo.
Un risarcimento, parziale, eppure importante, alle storie di chi è stato ucciso e non ha conosciuto verità.
Abbiamo un debito di riconoscenza verso queste persone.
Ecco perché Sinistra italiana voterà a favore.
Perché il ricordo dei nostri morti serve a raccontare i vivi, a immaginare il futuro, a costruire una nuova e originale identità. Che riguarda tutte e tutti.Giorno dopo giorno, nonostante il lavoro prezioso della magistratura e delle forze dell’ordine, le organizzazioni criminali crescono, si rafforzano, si adattano alle necessità dei tempi, alle esigenze dei diversi luoghi (da Sud a Nord non c’è regione che non sia stata contaminata dalla presenza dei clan) e diventano parte essenziale del sistema Paese.
Per troppo tempo – per incapacità o per opportunismo – in tanti hanno finto di non vedere. C’è stato un processo di rimozione collettiva, di anestesia totale.
Un processo che ha molti colpevoli.
La politica nazionale e locale, l’imprenditoria e il mondo delle professioni, l’informazione. La cosiddetta società civile che troppo spesso ha abbassato la testa senza fare domande, ha confuso il diritto con il favore, si è fatta imporre nomi da votare, persone da sostenere, mani da stringere, persino negozi in cui comprare.Questo è un Paese che ha ostinatamente rimosso, nascosto, mentito a se stesso.
Ha tenuto insieme vittime e carnefici, non ha saputo assicurare la giustizia, raccontarsi e guardarsi al proprio interno.Oggi però è una giornata importante. Perché accanto a quei nomi che spesso sono stati citati in queste aule, nomi come quello di Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre, il giudice Scopelliti, il Generale Dalla Chiesa, ecco accanto a questi nomi già patrimonio di tanti io sono particolarmente emozionata di ricordare qui alcune delle storie sconosciute che ho avuto invece il privilegio di ascoltare direttamente dai familiari in questi anni. Persone comuni.
Come Vincenzo Grasso, detto Cecè, padre di Stefania, era un meccanico, di Locri. È stato assassinato perché non pagava la mazzetta.
Peppe Tizian, papà di Giovanni Tizian, era un bancario di Bovalino. La ‘ndrangheta l’ha ammazzato perché ha fatto il suo lavoro con onestà.
Adolfo Cartisano, detto Lollò, padre di Debora, faceva il fotografo. Lo hanno sequestrato e ucciso perché non pagava il pizzo e denunciava.
Francesco Borrelli, padre di Alfredo, era un carabiniere. Lo hanno ammazzato a Cutro. Si era messo in mezzo a una sparatoria, nonostante fosse fuori servizio, per salvare la vita ad alcuni suoi concittadini.
Francesco Vecchio, padre di Salvo, era un imprenditore, è stato assassinato a Catania perché non si è voltato dall’altra parte.
E poi Gianluca Congiusta figlio di Mario, Massimiliano Carbone figlio di Liliana.
E ancora la storia di Raffaella Scordo, di Rocco Gatto, di Lea Garofalo, di Mauro Rostagno.
L’esempio di Giuseppe Valarioti segretario del Pci di Rosarno raccontato in vita dal grande Sindaco Peppino Lavorato. Don Peppe Diana e Giancarlo Siani.E infine una menzione a parte per Pippo Fava, giornalista, drammaturgo, scrittore che ho avuto il privilegio di conoscere attraverso la militanza, l’amicizia e l’affetto che mi lega al figlio Claudio.
Ho incontrato insieme all’associazione daSud la storia di quelli che si sono battuti e che sono stati ammazzati, di quelli che hanno testimoniato e sono stati ammazzati, di quelli che hanno amato e sono stati ammazzati, di quelli che hanno avuto il padre sbagliato e sono stati ammazzati. Di tanti altri. Sepolti dalle infamie, dimenticati.
Persone accomunate da un doppio destino maledetto. Uccise dalle mafie, innocenti. Dimenticate da questo Paese che non è stato in grado di assicurare loro verità e giustizia.
A cui l’esercizio che Libera e don Ciotti ogni 21 marzo compie di pronunciare i nomi restituisce una parte di dignità.
Ci sono molti modi di raccontare la storia di un Paese. Si può scrivere la grande storia oppure si può provare a mettere insieme le piccole storie, collettive e individuali, pubbliche o private, delle persone comuni.
Le nostre storie, di chi ha ha combattuto le mafie ed è stato ammazzato, di chi non ha chiuso gli occhi, di chi non s’è voluto rassegnare.Noi, Sinistra Italiana, vogliamo seguire questa strada, vogliamo calpestare quell’asfalto e lo vogliamo fare insieme a tante e tanti che il 21 marzo quell’asfalto lo calpestano già insieme.
Per questo “si” a questa legge, e per questo saremo presenti a Locri e in tutte quelle piazze che verrano convocate quest’anno.Lo dobbiamo a loro, a noi, e alla sete di verità e giustizia di questo Paese.
COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell’interno, al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
il 24 febbraio 2017 il ventiduenne Valerio G. si è impiccato con un lenzuolo alla grata del bagno di Regina Coeli, dove era detenuto, nella seconda sezione, al terzo piano, dove sono detenute altre 167 persone;
il giovanissimo Valerio era recluso per resistenza, lesioni e danneggiamento, ma in realtà era stato collocato presso il carcere Regina Coeli dopo essere scappato alcune volte dalla Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), vera e propria struttura sanitaria che ha sostituito l’ospedale psichiatrico giudiziario;
le Rems sono strutture sostitutive previste dalla legge n. 81 del 2014, che avrebbe dovuto stabilire la chiusura definitiva per la fine di marzo di due anni fa degli ospedali psichiatrici giudiziari – che in tutto il territorio nazionale sono 23; si tratta di una legge che, per gli interroganti, senza le adeguate correzioni e strategie di bilancio sarà di difficile applicazione;
dall’inizio del 2017 dieci sono i detenuti che si sono tolti la vita dietro le sbarre. Solo il giorno prima del caso di Regina Coeli un detenuto di 43 anni si era tolto la vita presso il carcere Dozza di Bologna. Nel 2016 sono avvenuti 39 casi di suicidio mentre, dal 2000 ad oggi, in tutto sono 937 le persone che si sono tolte la vita nelle carceri italiane;
Regina Coeli, similmente alla maggior parte delle prigioni italiane, ha un sovraffollamento di più di 289 detenuti: dovrebbero essere 622, oggi sono invece 911;
Patrizio Gonnella dell’Associazione Antigone e Stefano Cecconi della Campagna Stop Opg, affermano a gran voce che «Non si cura mettendo le persone dietro le sbarre, ma [le stesse] si affidano al sostegno medico, sociale, psicologico dei servizi del territorio. Se un ragazzo va via da una Rems non si deve parlare di evasione. Non si butta una vita in galera»;
al 31 luglio 2016 restano attivi 2 ospedali psichiatrici giudiziari, Aversa e Montelupo Fiorentino, con un totale di 58 persone;
l’applicazione della nuova normativa tende a sostituire semplicisticamente gli ospedali psichiatrici giudiziari con le Rems, ma lo spirito della legge n. 81 del 2014 non è quello, in quanto «l’Opg è sostituito non dalla REMS ma dall’insieme dei servizi sanitari e sociali del territorio dei quali fa parte il Dipartimento di salute mentale e al suo interno opera come struttura specializzata, la REMS» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, considerata l’annosa questione del trattamento carcerario e del strutturale sovraffollamento delle carceri italiane e quella che per gli interroganti risulta la scorretta sostituzione degli ospedali psichiatrici giudiziari con le strutture delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non intendano avviare le opportune verifiche sugli avvenimenti di Regina Coeli e sulle condizioni di vita nelle strutture detentive e quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire e potenziare strutture che gestiscano rapporti di cura in raccordo con la giustizia, costituendo una cabina di regia a livello nazionale, viste le forti differenze tra le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza di tutta Italia. (4-15744)
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/15744&ramo=CAMERA&leg=17