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Tensione sociale altissima a Roma, il sindaco Marino intervenga. Non solo un vertice sulla sicurezza, ma anche welfare e politiche di inclusione sociale

Bus assaliti: nuova manifestazione abitanti, via immigrati

Gli assalti ai bus, le aggressioni agli immigrati, le ronde e la giustizia fai da te degli abitanti, la solidarietà al rovescio. E i rifugiati rinchiusi nei centri d’accoglienza perché rischiano pestaggi. A Roma è pieno allarme sociale e la tensione è alta in tantissime zone: da Corcolle a Torpignattara, passando per Pigneto e Centocelle.

Quello che sta accadendo nella Capitale è un fatto gravissimo. La politica e le istituzioni stanno dimostrando di essere in tremendo ritardo: i segnali ci sono da tempo ma sono stati ignorati. Intere periferie romane sono diventate delle polveriere; violente, isolate, senza servizi primari, abbandonate a loro stesse dopo i numerosi tagli dei fondi da parte del Governo.

Le istituzioni e il sindaco Ignazio Marino reagiscano immediatamente. Un vertice sulla sicurezza con il prefetto non basta: serve immediatamente un grande piano di politiche di inclusione sociale e di welfare, con il coinvolgimento delle istituzioni municipali (sempre più in difficoltà dopo la spending review degli ultimi esecutivi) e delle associazioni che lavorano nei quartieri più a rischio.

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Tor Pignattara, la solidarietà al rovescio non è una novità. Purtroppo

Non è una novità. E non è la prima volta che assistiamo a fenomeni di solidarietà al rovescio. L’opinione pubblica nazionale si è già ritrovata a raccontare questi cortocircuiti sociali magari banalizzando e semplificando ma fornendo comunque delle coordinate: disagio, povertà, razzismo, mafia. Attribuirli in passato al Mezzogiorno arretrato e compromesso è stato più facile; nella Capitale d’Italia oggi diventa esercizio più faticoso e per certi versi meglio così se lo sforzo può portare ad avvicinarci di più alla verità.

Per troppo tempo gli applausi e i cortei in difesa dei criminali sono stati classificati come “malcostume delinquenziale” del Sud. Quante volte a Reggio Calabria, come a Napoli e Palermo, ci si è inorriditi davanti al grido “uno di noi”, quando l’uno – appunto – si era macchiato di un crimine e il “noi” era la comunità che lo proteggeva.

La comunità in questo caso è quella di Tor Pignattara, un quartiere abbandonato, lasciato all’incuria. Un quartiere senza mezzi pubblici, attraversato solamente dal trenino a rotaia della Casilina e dal 105 sempre strapieno, non solo nelle ore di punta. Una borgata sempre in piena “emergenza” rifiuti. Un rione in cui chiudono i negozi ma pullulano nuove sale slot e bingo. Alle prese con il ritorno prepotente dell’eroina, della disperazione, dello spaccio. Dove a fatica operano i centri di aggregazione, e insufficienti sono i servizi e le politiche di integrazione.

Qualche notte fa – in una delle vie di Tor Pignattara – Khan, giovane pakistano di 28 anni senza fissa dimora, è stato pestato a morte da Daniel, ragazzino di 17 anni. È solo l’ultimo avvenimento in ordine temporale di una escalation di violenza che in queste settimane sta infiammando un’area sempre pià grande, che va dal Pigneto a Centocelle.

Ieri quattrocento persone – parenti, amici e conoscenti di Daniel – hanno sfilato in corteo per le vie del quartiere romano. Con striscioni e slogan di solidarietà per il giovane e la sua famiglia, in vista dell’udienza di oggi al tribunale dei minori. “Una disgrazia non ti priverà della libertà”, “No razzismo, no diversità”, e una svastica fintamente coperta da un segno di divieto disegnato con lo spray.

Li guardo dalla finestra con un’amarezza che già conosco, la stessa che provo davanti ai cartelli “uno di noi”. Nessun giudizio di merito sui fatti di quella notte, che saranno accertati dalle autorità competenti. Ma la confusione è tanta, anche in questi segnali di solidarietà al rovescio, dove in uno stesso striscione possono convivere sia “no razzismo” che “no diversità”. Ciò fa ancora più male considerando che nel luogo dove Khan è stato ucciso a mani nude non c’è nemmeno un fiore.

Dobbiamo lottare anche contro questa arretratezza culturale, fatta di violenza, prepotenza ed ignoranza. La stessa che porta molti a credere che a Roma non ci sia criminalità organizzata o che esistano mafie buone che, in questa crisi, danno da mangiare a tutti.

La politica, a tutti i livelli, deve mettere al centro la cura delle nostre strade, delle scuole, deve investire sui servizi pubblici, creare nuove opportunità di lavoro e non lasciare che la criminalità alimenti il suo welfare distorto.

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Periferie polveriera e disagio sociale: riabbracciare i territori e farsi carico della complessità

Bx6Bt69CAAA_j3hDumitrus Pradais, 52 anni, romeno, ucciso dopo una lite a Villa De Sanctis davanti a bambini e famiglie. Pietro Pace, 40 anni, ammazzato con 6 colpi di pistola da due sicari ad Anagnina. Un 61enne pregiudicato gambizzato ieri mattina in un bar di San Basilio durante un agguato. E poi Casimiro Nori ferito a braccia e gambe da alcuni colpi d’arma da fuoco qualche settimana fa; il pugile romano Marco Ricci raggiunto da due colpi di pistola esplosi da due persone in moto. Sono gli ultimi fatti di cronaca avvenuti a Roma, in quartieri che rischiano di scoppiare, tra disagio sociale, violenza e controllo del territorio da parte della criminalità organizzata.

In questi giorni i riflettori sono puntati sul quadrante che comprende Pigneto e Tor Pignattara, teatro anche delle proteste dei cittadini che hanno manifestato contro il peggioramento delle condizioni di vita nel quartiere. L’ultimo episodio stanotte: Khan Muhammad Shantad, un ragazzo pakistano di 28 anni, è stato picchiato a morte da un 17enne romano durante una lite in strada in via Pavoni.[Read more]