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Celeste Costantino su voto di fiducia a #DLviolenzastadi e protezione internazionale

Questo Governo si è caratterizzato – come abbiamo detto più volte – per le continue decretazioni d’urgenza e le conseguenti fiducie. Dico conseguenti perché ormai in maniera sistematica questo esecutivo ripropone sempre lo stesso schema: costruisce pacchetti di provvedimenti con dentro le cose più diverse, priva della discussione il Parlamento, non permette di agire gli strumenti per modificare i decreti e in nome di una finta urgenza annienta o tenta di annientare il senso che per molti di noi che stanno qui, ha ancora il fare politica.

Questa volta è il turno della violenza negli stadi e della protezione internazionale d’altronde come non vedere lo imstretto legame che intercorre tra un tifoso violento e un richiedente asilo. Eh già siamo veramente dei folli a non cogliere le numerose analogie fra questi due soggetti. Ma si sa noi della sinistra arretrata e ideologica ci attacchiamo a tutto, ce lo diceva anche qualcun’altro speriamo di non sentire utilizzate su di noi altre categorie di berlusconiana memoria come per esempio “l’odio”.

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L’on. Celeste Costantino oggi pomeriggio in Commissione Affari Costituzionali, durante un’audizione, ha avuto la possibilità di porgere delle domande al ministro dell’Interno Angelino Alfano riguardo agli ultimi fatti di cronaca a Roma: dalle tensioni sociali a Torpignattara e Corcolle agli interventi del Governo sulla sicurezza nella Capitale.

/ La sintesi /
L’intervento della deputata Celeste Costantino (Sel)
A distanza di mesi dalla relazione del ministro dell’Interno – in cui riguardo al disagio e percezione di insicurezza a Roma puntava sul coinvolgimento delle istituzioni locali per costruire una strategia di intervento sui temi della sicurezza urbana e individuava nell’utilizzo degli sms uno strumento per denunciare il “degrado” – mi sfugge quale sia il piano d’azione applicato e quali effetti abbia conseguito.

Nella Capitale, che intanto si accinge ad essere consacrata città delle mafie, ci sono interi quartieri che stanno scoppiando. Per stare solo alla cronaca di questi giorni. Un ragazzo di 17 anni di Torpignattara ha ammazzato a mani nude un uomo di nazionalità pakistana ritrovando addirittura per quella uccisione la solidarietà fra cittadini che denunciano una situazione insostenibile. A Corcolle e in altre aree si intima ai migranti – “ospiti” per modo di dire dei Cara e dei Cie di non uscire – imponendo una sorta di coprifuoco per la salvaguardia della loro incolumità.

Tutto ciò mi evoca scenari a cui abbiamo già assistito. So cos’è la caccia al nero e ricordo bene come vennero gestiti dal ministero dell’Interno i casi Rosarno e Castelvolturno. Sappiate, ancora una volta, che non è attraverso la deportazione dei migranti che risolverete il disagio sociale, la povertà, e la decadenza culturale in cui sta affondando questo Paese. Controllato da cima a fondo dalle mafie, che da poco ingrossano le sacche del nostro PIL visto che rientrano nel conteggio anche il ritorno pesantissimo dell’eroina visibile in tutte le periferie romane, il proliferare di sale giochi, lo sfruttamento della prostituzione.

Il suo concetto di sicurezza Signor Ministro è diametralmente opposto al mio. Ma a quanto pare, anche a voler stare ai suoi annunci, non vi è traccia di risultati.

La risposta del Ministro Alfano alla deputata Costantino
Il bilancio su Roma ha alcuni punti di luce con risultati, alcuni arresti importanti, azioni anche contro i tentativi di infiltrazione delle mafie nella nostra capitale. Al tempo stesso il bilancio tiene conto dell’emergere di fenomeni che noi intendiamo contrastare e risolvere.

Inserisco la risposta alla Sua domanda in un contesto più ampio e aggiungo un elemento alla mia relazione: il decoro e la sicurezza urbana nelle città italiane saranno una priorità di questo ministero.

Abbiamo fatto un’ottimo lavoro con i Sindaci e con l’ANCI, che vorremmo finalizzare a breve, nel quale si affronta il tema della sicurezza sia nelle grandi città che nei piccoli comuni. Siamo già arrivati a buon punto, quindi confido di poter portare a breve in Consiglio dei Ministri un testo per l’approvazione da parte del Governo che riguardi esattamente la sicurezza nelle grandi città.

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Roma, politica in ritardo: l’abbandono provoca razzismo. Welfare e servizi per disinnescare la bomba. #torpignattara #corcolle

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Gli assalti ai bus, le aggressioni agli immigrati, le ronde e la giustizia fai da te degli abitanti, la solidarietà al rovescio. E i rifugiati rinchiusi nei centri d’accoglienza perché rischiano pestaggi. A Roma è pieno allarme sociale e la tensione è alta in tantissime zone: da Corcolle a Torpignattara, passando per Pigneto e Centocelle.

Qualche notte fa – in una delle vie di Tor Pignattara – Khan, giovane pakistano di 28 anni senza fissa dimora, è stato pestato a morte da Daniel, ragazzino di 17 anni. Domenica e lunedì a Corcolle è andata in scena una vera e propria guerriglia urbana: sassi contro i bus, le aggressioni in pieno giorno, il Cara presidiato dalla polizia, tre nigeriani picchiati da una cinquantina di persone e le provocazioni di “alcune teste rasate” come denunciano le cronache. Sono gli l’ultimi avvenimenti in ordine temporale di una escalation di violenza che in queste settimane sta infiammando un’area sempre più grande, che va dal Pigneto a Centocelle.

Il tessuto sociale di una città metropolitana non è di facile analisi; ma ai miei occhi risulta incredibile che questi fatti vengano semplicemente ricondotti a due parole: degrado e insicurezza. Oggi ci sono tante zone “calde” in città, ma nessuno però allarga il campo, cercando di capire da dove arrivano gli interminabili flussi di sostanze stupefacenti, prima origine del controllo del territorio da parte delle mafie. La droga non cresce sugli alberi delle periferie; esiste una rete criminale fatta di corruzioni, collusioni e zone grigie, che coinvolge anche e soprattutto i salotti buoni della Capitale.

Molti abitanti del Municipio V l’hanno capito e in queste settimane si sono mobilitati con tanta generosità, inventando nuove occasioni di socialità e riprendendosi strade ormai abbandonate all’incuria e all’ignavia. Hanno organizzato feste, concerti e flashmob come “Mamma Torpigna” per riabbracciare un territorio intero con una lunghissima catena umana.

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Tor Pignattara, ad esempio, è stato il teatro di fenomeni di solidarietà al rovescio, come nel caso del corteo in difesa di Daniel, il carnefice di Khan. Un fenomeno che l’opinione pubblica nazionale si è già ritrovata a raccontare in passato banalizzando e semplificando ma fornendo comunque delle coordinate: disagio, povertà, razzismo, mafia. Attribuirli in passato al Mezzogiorno arretrato e compromesso è stato più facile; nella Capitale d’Italia oggi diventa esercizio più faticoso e per certi versi meglio così se lo sforzo può portare ad avvicinarci di più alla verità.

Quante volte a Reggio Calabria, come a Napoli e Palermo, ci si è inorriditi davanti al grido “uno di noi”, quando l’uno – appunto – si era macchiato di un crimine e il “noi” era la comunità che lo proteggeva. La comunità in questo caso è quella di Tor Pignattara, un quartiere abbandonato, lasciato all’incuria. Un quartiere senza mezzi pubblici, attraversato solamente dal trenino a rotaia della Casilina e dal 105 sempre strapieno, non solo nelle ore di punta. Una borgata sempre in piena “emergenza” rifiuti. Un rione in cui chiudono i negozi ma pullulano nuove sale slot e bingo. Alle prese con il ritorno prepotente dell’eroina, della disperazione, dello spaccio. Dove a fatica operano i centri di aggregazione, e insufficienti sono i servizi e le politiche di integrazione.
Dobbiamo lottare anche contro questa arretratezza culturale, fatta di violenza, prepotenza ed ignoranza. La stessa che porta alcuni cittadini a farsi giustizia da soli come nel caso di Corcolle e altri a credere che a Roma non ci sia criminalità organizzata o che esistano mafie buone che, in questa crisi, danno da mangiare a tutti.

Quello che sta accadendo nella Capitale è un fatto gravissimo. La politica e le istituzioni stanno dimostrando di essere in tremendo ritardo: i segnali ci sono da tempo ma sono stati ignorati. Intere periferie romane sono diventate delle polveriere; violente, isolate, senza servizi primari, abbandonate a loro stesse dopo i numerosi tagli dei fondi da parte del Governo. Le istituzioni e il sindaco Ignazio Marino devono reagire immediatamente. Un vertice sulla sicurezza con il prefetto non basta: serve immediatamente un grande piano di politiche di inclusione sociale e di welfare, con il coinvolgimento delle istituzioni municipali (sempre più in difficoltà dopo la spending review degli ultimi esecutivi) e delle associazioni che lavorano nei quartieri più a rischio.

da Il Garantista del 24.09.2014