Abbiamo appena depositato una interrogazione parlamentare sull’ennesima morte nelle campagne italiane, durante la raccolta dei prodotti ortofrutticoli. Si tratta del decesso di Paola, bracciante quarantanovenne di San Giorgio Jonico, in provincia di Taranto. Sepolta senza autopsia, archiviata come “morte naturale” sebbene fosse evidente che la morte fosse sopraggiunta sotto il sole cocente durante la acinellatura, uno dei lavori meno pagati in agricoltura.
Paola lavorava sui campi da 15 anni, con turni massacranti. È deceduta il 13 luglio scorso ad Andria, dieci giorni prima della morte di Mohamed, quarantasettenne sudanese ucciso da un malore a causa del caldo torrido nei campi di pomodori a Nardò.
Non si tratta di fatti di cronaca ma di morti per schiavitù e caporalato. Nell’anno dell’Expo è questa la realtà che ci circonda: molti dei prodotti che acquistiamo al supermercato provengono da una filiera sporca, fatta di sfruttamento nei campi e grandi guadagni per le multinazionali dell’agricoltura. Esistono degli strumenti – proposti da Terra! onlus, Associazione daSud e terrelibere.org nel dossier #FilieraSporca. Il Governo accolga queste richieste e preveda subito nuovi strumenti di tracciabilità, la pubblicazione dell’elenco dei fornitori, l’adozione delle etichette narranti per tutti i prodotti e la responsabilità solidale delle aziende della filiera agroalimentare.