Abbiamo sentito l’esigenza di organizzare un pomeriggio di discussione sulla maternità surrogata, a partire dal numero che la rivista Leggendaria ha dedicato a questo tema, dal significativo titolo “Mamme mie!”. Il numero è stato curato dalla direttrice Anna Maria Crispino e da Giorgia Serughetti, con noi promotrice di Pink factor, che introdurrà la discussione.
Vogliamo concederci uno spazio di riflessione fuori dai clamori della polemica urlata di questi giorni e dalle strumentalità con cui il tema è stato richiamato nel dibattito sulle unioni civili.
Per noi è una questione politica, che attraversa le contraddizioni della contemporaneità, interroga il senso dell’umano, interviene sulle relazioni umane e sociali. Possiamo avere opinioni diverse, ma non per questo dobbiamo abdicare alla riflessione politica su questi temi, alla necessità di dare noi, insieme, un senso ai cambiamenti. A saperli intanto nominare, prima ancora di decidere quali scelte normative proporre.
Per questo vi invitiamo a discutere con noi lunedì 14 marzo alle ore 17 nella sede di Sel a Roma, in via Arenula 29.
Una questione di classe
Le femministe sono contro l’utero in affitto. Ma smettetela! Di quali femministe state parlando? Come se non esistesse un dibattito, come se alcune si potessero arrogare il diritto di parlare per tutte. Esattamente com’è stato in passato per la prostituzione. Abbiamo opinioni diverse sull’uso del corpo e del suo sfruttamento. Ci sono donne libere, che scelgono di partorire un bambino e di darlo (anche attraverso un compenso economico) ad una coppia. Coppia che nella maggior parte dei casi è eterosessuale e in percentuali più basse omosessuale. Tanto che in alcuni Paesi l’hanno regolamentata attraverso delle leggi. Certo che lo sfruttamento intorno a questo fenomeno esiste. Le donne indiane sono sfruttate in tanti ambiti e lo sono anche in questo. Ed è fantastico che ve ne accorgiate ogni volta ad uso e consumo di quello che detta l’attualità politica. Scoprite la violenza sulle donne dopo i fatti di Colonia; scoprite gli aborti clandestini e multate le donne dopo che negli ospedali ci sono solo obiettori di coscienza; scoprite il femminicidio sempre e solo dopo che ne vengono ammazzate tre nella stessa settimana. E l’elenco sarebbe lungo. Ma oggi ci volete spiegare una cosa in più. Ci volete spiegare che cosa vuol dire essere di sinistra oltre che femministe. È una questione di classe. Eh sì, è vero, è proprio una questione di classe.
Il mio intervento per il riequilibrio della rappresentanza di genere nei Consigli regionali
Se non in materia elettorale altre volte questo Parlamento si è ritrovato a discutere di quote, di parità di genere e di norme antidiscriminatorie. Perché purtroppo in ogni settore riscontriamo deficit importanti di protagonismo femminile. E puntualmente quando si apre questo dibattito ci sono donne, e uomini, che ti spiegano che non vogliono essere ridotte ad una quota o ad una riserva indiana, come se ci fosse qualcuna al mondo a cui potesse fare piacere definirsi così e non invece vedersi valorizzata e riconosciuta per il proprio lavoro. Quello che si omette di dire all’interno di questa litania banale e superficiale è che se le cose fossero così lineari non avremmo i dati che purtroppo nel nostro Paese si registrano. O si teorizza un’inferiorità scientifica delle donne oppure bisogna ammettere che ci sono degli ostacoli messi in campo dall’altro sesso che non permettono l’accesso ad alcuni ambienti e ad alcuni ruoli. Com’è possibile che donne si laureano di più, in minor tempo e con risultati migliori degli uomini e sono così ridimensionate in qualsiasi ambito lavorativo? Nessuna di noi penso voglia sentirsi garantita da una norma ma è innegabile almeno per quei partiti che la norma antidiscriminatoria ce l’hanno nei propri statuti che se non ci fosse stata molte delle deputate presenti oggi in questo Parlamento non sarebbero state elette. Certo poi c’è chi uno statuto neanche ce l’ha e vanta una presenza femminile altrettanto numerosa ma le scelte di un capo possono andare in varie direzioni, in questa legislatura è andata bene ma non penso che questo metodo possa essere preso a modello per il Paese.
Insomma tutto questo per dire che non fa piacere votare questa legge, non fa piacere registrare questa fotografia del Paese e dover prendere tali provvedimenti per sbloccare la questione della rappresentanza. Avremmo preferito che in questi anni si fossero fatte leggi per parificare i salari, avremmo preferito un investimento forte sul welfare invece di continuare a demandare alle donne tutto il lavoro di cura di anziani e bambini, avremmo preferito politiche di conciliazione e più asili nido invece di bonus bebé. In poche parole avremmo voluto che la partecipazione alla politica avvenisse attraverso tutto questo piuttosto che attraverso norme che obbligano a tenerci nella giusta considerazione. Ma tutto questo non è stato fatto e a quanto pare non si ha neanche in testa di farlo. Allora Sinistra italiana vota favorevolmente a qualcosa che si rende necessario ma che speriamo che le nostre figlie non debbano dover utilizzare. Perché per noi oggi più che mai davanti a ministre che vogliono farsi chiamare ministri più che la politica di parità avremmo voluto contrapporre la politica della differenza.
A questo link il video integrale del mio intervento:
https://www.youtube.com/watch?v=VlfaqLFp7GQ
I femminicidi continuano e l’educazione sentimentale nelle scuole ancora non c’è
Marinella è stata accoltellata da suo marito, Luana è stata strangolata dall’ex convivente che aveva già un omicidio alle spalle. Carla era incinta, il suo compagno le ha dato fuoco e i medici hanno fatto nascere una bambina che forse non conoscerà mai sua madre.
Omicidi per “motivo passionale” scrivono i giornali, e ci fanno ripiombare in quei tempi bui dove la parola femminicidio non veniva pronunciata, accettata, compresa.
E’ anche davanti alle storie di queste tre donne che dovranno rispondere le coscienze di chi continua a svilire ogni forma di prevenzione e a negare l’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole.