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16 marzo a Marano di Napoli per presentare #1oradamore

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“Come prevenire la violenza sulle donne”: questo il tema dell’incontro promosso per lunedì 16 marzo dall’associazione di volontariato “Frida Kahlo – Pari Opportunità” di Marano.

Partendo dal progetto dell’associazione “L’ABC delle emozioni: sentimento del Banco”, insieme all’onorevole Celeste Costantino verrà presentata la proposta di legge “#1 ora d’amore” per l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione sentimentale nelle scuole come strumento per prevenire la violenza nelle relazioni di coppia.

All’incontro, che si svolgerà a partire dalle 17.30 presso la Sala Cavallo del Comune, interverranno le volontarie dello Sportello d’ascolto “Le Porte di Frida” Paola Iommelli (psicologa), Caterina Rebecchi (assistente sociale) e Annalisa Parrella (responsabile dello Sportello), e ancora Fabiana Romano (associazione Deam Team – Donne in rete), Giuseppe Cantore (associazione Don Chisciotte – Esperienza Aurora – Piano triennale sulle violenze a Napoli con 11 sportelli) e Giuliana Covella (giornalista e scrittrice, autrice del libro “Fiore come me. Dieci storie di vite spezzate”.

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Europarlamento, Risoluzione Tarabella è un’ottima notizia per i diritti e la salute delle donne

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Oggi il Parlamento europeo ha votato la risoluzione di Marc Tarabella sulla parità di genere. Una giornata storica soprattutto perché sancisce, tra i punti fondamentali, i diritti sessuali e riproduttivi delle donne attraverso l’accesso agevole alla contraccezione e alla scelta di interrompere volontariamente la gravidanza.

Sono tanti i temi della relazione, esposta dal parlamentare Marc Tarabella, in cui gli stati europei sono in ritardo: dalla parità di accesso al lavoro alle differenze retributive, dalla prevenzione della violenza di genere all’informazione sulla salute sessuale. Uno schema che segna da oggi uno spartiacque in tema di diritti e pari opportunità.

Adesso Governo e Parlamento, che negli ultimi tempi hanno cancellato i temi delle donne dalle loro agende, devono far seguire alla retorica e agli annunci, proclamati durante l’8 marzo, atti concreti per delle nuove politiche di genere, che eliminino discriminazioni e disparità. In un Paese in cui continua la difficoltà di reperire un medico che sia disponibile ad accogliere e seguire le donne che scelgono di interrompere la loro gravidanza presso le pubbliche strutture ospedaliere (mancanza di medici non obiettori e ridotti posti letto), non rispettando la legge che tutela il diritto alla salute e la legge 194.

La risoluzione Tarabella, infine, sottolinea anche la persistenza di stereotipi di genere. Per superarli in altri Paesi europei si insegna l’educazione sentimentale fin dalla scuola primaria. In Italia la mia proposta di legge per l’introduzione di questo insegnamento, utilissimo per la prevenzione della violenza di genere e il bullismo, è rimasta chiusa in un cassetto del Parlamento, senza avere la possibilità di essere discussa.

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Buon #8marzo a tutte. Anche a chi pensa che non ce ne sia bisogno

Oggi sul Corriere della sera Debora Serracchiani dichiara di non voler essere chiamata avvocata o presidentessa. Il perché non lo dice ma in realtà si capisce benissimo. Fa parte di quelle donne di potere che per dimostrare di essere migliori delle altre donne, fa l’uomo. Un classico visto e rivisto che però nelle donne renziani fa ancora più ridere. Comunque, va avanti e afferma che a differenza di Laura Boldrini non considera la questione del linguaggio prioritaria meglio la battaglia contro il femminicidio. Peccato che non lo sia per il suo capo! Visto che i fondi destinati ai centri antiviolenza non bastano neanche per pagarne le bollette.

Ma poi cara Debora Serracchiani mi puoi spiegare perché una cosa dovrebbe escludere l’altra? Mi puoi spiegare perché porre l’attenzione sul linguaggio significa togliere qualcosa al contrasto alla violenza di genere? Voi del Pd non le sapete fare due cose contemporaneamente? Oppure è semplicemente un attacco gratuito a chi ha osato criticare il vostro Capo Renzi? Perché è chiaro che la pancia del Paese sta con voi. Con tutti i problemi che ci sono ci dobbiamo pure preoccupare di declinare al femminile le professioni che faticosamente ci siamo conquistate? Certo che no!

L’Europa è sempre è solo quello che raccontate voi. E allora buon 8 marzo a tutte. Buon 8 marzo anche a te Debora Serracchiani. Sperando che non ti dispiaccia essere associata a noi donne almeno in questa giornata.

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Zona a luci rosse a Roma? Meglio un percorso partecipato che non si limiti a creare zone ghetto

Operazione anti prostituzione a Roma

Ci sono questioni che vanno maneggiate con cura e che non è possibile aggirare nella loro complessità. La prostituzione è senz’altro una di queste. Farei perciò molta attenzione a sentirsi depositari di verità assolute, a esibire la presunzione di avere tutte le risposte quando il più delle volte non si conoscono neanche le domande giuste.

Allora forse per prima cosa è bene sgomberare il campo da alcune ipocrisie. Il tentativo di creare un quartiere a luci rosse a Roma risponde soltanto a un’esigenza: andare incontro ai cittadini del’Eur che non ne possono più di avere le prostitute sotto casa, con tutto quello che ne comporta.

Tutto parte da qui. Non è per tutela, non è per liberare le donne. È un’operazione di decoro urbano che risponde all’esasperazione degli abitanti di quel quartiere. Non c’è giudizio su questo: credo sia un diritto dei cittadini chiedere di poter dormire senza sentire gemiti ed urla, accompagnare i bambini a scuola senza attraversare il tappeto di profilattici usati, non dover convivere con un sistema che tiene dentro altri aspetti collaterali come la droga e la violenza.

Partiamo da qui, ma proviamo a non fermarci. Perché se il tema è sgomberare lo sguardo allora basta un ghetto lontano dalle abitazioni, se invece vogliamo anche porci il tema di chi su quelle strade ci sta allora la questione è più ampia. E allora se c’è l’impegno da parte di tutti a rispondere a più esigenze, sperimentare un modello può diventare un’opportunità.

Chi sono quindi le ragazze che stanno in strada? Anch’io penso, come dice Giorgia Serughetti, che le prostitute non sono tutte vittime. Il modello svedese – che sancisce l’idea che la prostituzione è una violenza perpetuata dagli uomini sulle donne – mi ha sempre lasciata perplessa. Delle differenze vanno fatte sempre: le escort, e non è un caso che vengano chiamate così, probabilmente fanno una scelta, chi sta in strada è nella stragrande maggioranza costretta a prostituirsi. Questo è quello che ci dicono le unità di strada, le operatrici dei centri antiviolenza, chi da sempre si occupa di loro.

C’è poi un altro effetto, confermato da varie indagini. Gli uomini dei racket evitano sempre più di lavorare dove la prostituzione è osteggiata e preferiscono paesi come l’Olanda e la Germania, dove il mercato del sesso è perfettamente legale. Nelle società delle sex workers con assistenza e pensione è più difficile che la polizia indaghi e anche l’opinione pubblica è piuttosto indifferente. Salvo poi scoprire quasi per caso, come è successo in Germania, l’esistenza di un bordello con più di 100 ragazze tenute in stato di quasi schiavitù e marchiate a fuoco come animali.

Questo a testimonianza che non esiste una linearità delle soluzioni e che c’è bisogno di un combinato disposto di diversi agenti. Si vuole creare un luogo? Questo luogo deve contenere dei presidi stabili di assistenza sanitaria, devono essere presidiati dalle forze dell’ordine, devono avere delle figure di ascolto. Siamo pronti a tutto questo? Siamo pronti a garantire che questi soggetti possano operare senza essere mandati via dagli uomini delle mafie? Dobbiamo fare cioè in modo che il percorso si delinei così e dentro un quadro di mediazione sociale.

Gli abitanti dell’Eur hanno quindi ragione a rivendicare il diritto di non sentirsi “assediati” nel loro quartiere, ma devono sapere fino in fondo che cosa si consuma sotto le loro case. Lo dobbiamo saper tutti: lo sguardo non può fermarsi alle ragazze, ma deve riguardare i loro sfruttatori e i loro clienti. Padri, figli, mariti. Forse l’educazione sentimentale nelle scuole, su cui abbiamo presentato una proposta di legge che aspetta da quasi due anni di essere discussa, potrebbe servire anche a questo.

Allora accettiamo la sfida, ma dentro questo quadro. Raccogliamo allora la possibilità che ci mettono davanti il sindaco Marino e il mini sindaco Santoro. Facciamolo però con delle garanzie: deve essere un percorso partecipato che si fa carico di questa complessità, senza limitarsi a spostare il problema. Quello che non si vede dovrebbe fare male lo stesso. A volte fa male ancora di più.

Via Huffington Post Italia