È stata approvata alla Camera la nuova legge elettorale, l’Italicum, una legge che spazza via i piccoli partiti, non reintroduce le preferenze e non risolve il conflitto d’interesse. Non solo. Come è stato abbondantemente riportato dalle cronache è stata approvata una riforma che non contiene neanche una minima norma antidiscriminatoria per le donne, nemmeno quella della rappresentanza garantita al 40%. Secondo il Governo e ahimé secondo il Parlamento le donne non hanno bisogno di “quote rosa” come erroneamente insistono a definirle (peccato che noi chiedevamo la doppia preferenza) perché la competenza alla fine trionferà.
ASPETTANDO LA RIVOLUZIONE
Io continuo a pensare che la retorica del merito sia la negazione della discriminazione ma mentre aspettiamo che la rivoluzione arrivi mi guardo intorno e quello che vedo non mi piace affatto. Per esempio dalla rossa Basilicata, amministrata dal presidente Marcello Pittella, arriva una proposta di legge inaccettabile e dallo spirito medievale, firmata dai consiglieri Aurelio Pace e Luigi Bradascio. Dietro al confortante titolo “Misure di sostegno sociale alla maternità e alla natalità” si nasconde una legge ricatto che vincola i contributi economici alle sole madri che “recedono dalla scelta di interrompere volontariamente la gravidanza” e che si vedranno così riconosciuto un assegno di 250 € al mese per un anno e mezzo. Una misura che, a detta dei firmatari, contrasta l’aborto, “principale causa di morte, più del cancro, più dell’infarto”. Non c’entrerà nulla però faccio notare che il Consiglio regionale della Basilicata è composto da 20 membri esclusivamente di sesso maschile. Tante le donne che si stanno opponendo a questa sciagurata legge, a partire dai movimenti, dal comitato “Democrazia, partecipazione e genere“, dai centri antiviolenza, da Sel Basilicata. Comunque per ritornare al punto vero, risulta evidente che non è questo il modo di sostenere la maternità e la natalità. Soprattutto aggiungendo un ricatto a tutti quelli che già le donne e le madri vivono quotidianamente: la continua precarietà sul lavoro, la mancanza di asili nido, l’assenza di strumenti di welfare.
ABORTO DIRITTO NEGATO
Nel nostro Paese i ginecologi obiettori di coscienza che quindi non garantiscono l’interruzione volontaria di gravidanza prevista dalla legge 194, sono sempre di più. In media in tutta Italia la percentuale di medici obiettori non scende mai sotto il 50%, tranne la virtuosa Valle d’Aosta in cui gli obiettori sono il 16,7%. Ma sono le regioni del Sud e del centro quelle con la più alta densità di obiettori: in Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Molise e Basilicata le percentuali di medici obiettori superano l’80%.
L’8 marzo di quest’anno non sarà ricordato per la festa della donna ma per la bacchettata del Consiglio d’Europa ai danni dell’Italia per il numero elevato di medici obiettori. Numeri sempre più allarmanti che portano l’Italia a violare i diritti delle donne che “alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza”, ha dichiarato il Comitato europeo dei diritti sociali, rispondendo al ricorso presentato nel 2012 dalla Cgil insieme ad altre associazioni tra cui l’International planned parenthood federation european network (Ippf).
LA STORIA DI VALENTINA È LA STORIA DI TUTTI
Qualche giorno dopo ha avuto una grande rilevanza la bruttissima storia di Valentina, denunciata durante conferenza stampa dell’associazione Coscioni, donna affetta da malattia genetica che nel 2010 aveva deciso di interrompere la sua gravidanza al quinto mese. Ricoverata all’ospedale Pertini di Roma, è stata abbandonata, dopo essere stata indotta al parto, perché nel reparto erano di turno solo obiettori di coscienza. Non le è rimasto che partorire un feto di cinque mesi in bagno, aiutata dal suo ragazzo. Una storia vergognosa, che purtroppo non è unica nel suo genere e che riapre anche tutta unariflessione sulla legge 40, a dieci anni dalla sua approvazione. Su questa drammatica storia Sel ha presentato un’interpellanza urgente, ma non si può andare avanti così. Non possiamo, come sulla violenza di genere, fare quotidianamente il bollettino dei casi di ingiustizia che si consumano ai danni delle donne. Il merito della questione sta qui e almeno questo riconoscetelo.
via Huffington Post