Non è un raptus di follia, né si tratta di dramma della gelosia. Si chiama: femminicidio. È la punta dell’iceberg, l’ultimo atto di una violenza reiterata sulla vita delle donne. Non è un fenomeno con cui bisogna convivere; tutt’altro è una vergogna di cui il nostro Paese deve liberarsi. Per riuscirci ognuno deve fare la propria parte: la cosiddetta società civile con una vera e propria rivoluzione culturale, la politica con provvedimenti mirati al contrasto e alla prevenzione della violenza maschile sulle donne.
In questo quadro i centri antiviolenza svolgono un ruolo fondamentale in ottica di prevenzione e aiuto. Ma molte di queste strutture non riescono ad andare avanti per i continui tagli, per le difficoltà ad accedere periodicamente alle programmazioni regionali.
Oltre ad un impegno istituzionale che io insieme a tutto il gruppo parlamentare di Sel ci siamo assunti con una proposta di legge contro il femminicidio, sentivo il bisogno personale e politico di visitare questi spazi, questi presidi democratici. Per avere la possibilità di ascoltare dalla viva voce delle operatrici le difficoltà in cui si ritrovano ad operare, per riuscire grazie all’osservazione diretta delle strutture a capire le differenze che intercorrono tra una regione e l’altra.
Un viaggio, uno strumento utile per prendere ancor di più coscienza del lavoro prezioso portato avanti in maniera silenziosa e quotidiana dalle donne. Un viaggio per poter rafforzare un impegno non su dei numeri, dei dati ma sulla carne viva delle persone. Vive sono le donne che ci lavorano, vive sono le donne che si rivolgono ai centri. Per prevenire il femminicidio, per non essere ancora di fronte al bollettino di guerra che tiene dentro donne di tutte le età, nazionalità e ceti sociali.
Ho deciso di intitolare questo viaggio #RestiamoVive, per segnalare la capacità di vincere e non quello di essere sconfitte dalla violenza. Tutto questo è stato possibile immaginarlo grazie alla disponibilità dei centri antiviolenza, a cui va da parte mia una sincera gratitudine. Alla fine di queste visite il mio desiderio è quello di formulare un lavoro strutturato che possa fare emergere le istanze e le vertenze che attraversano questi luoghi.
La prima parte si è composta di 8 tappe che mi hanno portato dal Sud al Nord della penisola. Siamo partiti lunedì 13 maggio dal centro “Roberta Lanzino” di Cosenza. Passando dal centro “Maree” di Roma (15 maggio), il centro “Ester Scadaccione” di Potenza (20/5), il centro “Voce donna Onlus” di Pordenone (8/6), il centro “Donna Lilith” di Latina (15/06), il Centro Veneto Progetti Donna di Padova (8/7), il centro “Donna Giustizia” di Ferrara (13/7), per finire questa ricognizione iniziale col centro Casa delle donne per non subire violenza Onlus di Bologna (13/7).
La seconda parte che si svolgerà in autunno è composta da altre tappe: partiremo il 26 ottobre dal centro Casa Lorena di Casal di Principe (CE), passeremo dal centro Ananke di Pescara (4/11), dallo Sportello Donna h24. Cooperativa BeFree all’Ospedale San Camillo-Forlanini (18/11) dal centro Thamaia di Catania (2/12) e dal centro Save di Trani il 6 dicembre. Altre tappe si aggiungeranno. Durante il viaggio racconterò sui social network e sul blog le mie sensazioni e le informazioni che raccoglierò in giro per l’Italia.
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