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Il caso Maniaci tiene banco nel dibattito sull’antimafia

mafiaContinua a tenere banco il caso Maniaci. Dopo la rabbia e lo scoramento, adesso la gara a chi prende di più le distanze. A volte basterebbe dire una cosa semplice semplice: ci siamo sbagliati. Invece per “giustificare” l’abbaglio si mette in discussione tutto. Fu così per Rosy Canale, prima portata in giro come la Madonna pellegrina e – dopo l’arresto – disconosciuta da tutti. Anche in quel caso non si è ritenuto opportuno fare un simbolico mea culpa, ma si è preferito dire astrattamente che va ripensato tutto.

Pino Maniaci non è stato annoverato da sempre tra i giornalisti coraggiosi o tra gli esempi belli della critica al potere del nostro Paese?

Se si scopre che tutto questo era un bluff, il passaggio successivo non può essere puniamo tutti così non corriamo rischi. Ho letto e conosco la posizione di Claudio Fava sull’antimafia scalza. E non la condivido. Ci sono attività che possono essere affrontate attraverso il volontariato e altre che necessitano di finanziamenti. I progetti fatti dentro le scuole hanno o no bisogno di sostegno economico? O pensiamo che ci possano essere educatori che girano gli istituti italiani a spese proprie? I campi fatti con i ragazzi sui beni confiscati in cui si scambiano esperienze, lavoro e impegni vanno sostenuti economicamente o no? Le produzioni culturali, artistiche, d’inchiesta vanno appoggiate o no? La ricerca, l’analisi e la denuncia vanno incoraggiati o no? O pensiamo che tutto questo debba farlo solo chi se lo può già permettere. Anche per organizzare la manifestazione del 21 marzo sulle vittime delle mafie c’è bisogno di soldi. Per mantenere vivi presidi territoriali c’è bisogno di soldi. Mi dispiace, ma la concretezza di alcune esperienze necessita di altri tipi di riflessione. E con l’assunzione di responsabilità da parte di chi dà i finanziamenti, di chi li riceve, di chi usufruisce dei servizi e di chi ne parla o scrive. Il tema è la qualità dell’azione che si svolge, la capacità di denuncia di alcune realtà. E una riflessione su tutto questo e sul futuro dell’impegno antimafia – oggi più che mai – le vorrei ascoltare non da chi non svolge questa funzione sociale o dalle piccole realtà che se non sono scalze hanno come minimo il culo per terra, ma dalla politica istituzionale che ha delegato senza assumersi nessuna responsabilità e dalle grandi associazioni come Libera che dovrebbero promuove all’esterno questo dibattito.