Siamo oltre. È da non crederci, ma il solo fatto che se ne stia discutendo in queste ore e che si leggano dettagliate cronache giornalistiche su incontri e pressioni rende tutto maledettamente reale. E indecente.
Il Pd di Matteo Renzi a un tavolo nazionale chiede l’allargamento dell’alleanza a Ncd e Udc per le elezioni regionali in Calabria al candidato presidente Mario Oliverio, che sta respingendo sdegnato gli attacchi. La motivazione? Sono almeno due: strutturare un modello nazionale che evidentemente non rappresenta più una necessità dettata dalla contingenza ma che diventa una scelta strategica; e salvare questa esperienza di Governo dalla minaccia del senatore Tonino Gentile, che guida l’Ncd in Calabria, di abbandonare insieme ai suoi senatori la maggioranza nazionale. Uno scenario e delle motivazioni che fanno venire i brividi.
Significa infatti con questa decisione mettere una pietra tombale su qualsiasi visione possibile di centrosinistra per il futuro dei territori e del Paese e cedere al ricatto di chi ha devastato, distrutto, mortificato per anni la Calabria. Con tutto il valore simbolico che ne deriva. Perché se prima la Calabria era semplicemente terra di “nessuno” o di conquista, isolata e arretrata, marginale nell’immaginario politico nazionale, adesso – purtroppo o forse per fortuna – la Calabria, e emblematicamente non l’Emilia Romagna – diventa luogo di sperimentazione e pratica di ogni deteriore alchimia politica.
E c’è da chiedersi, come possono sedere tra i banchi del governo i rappresentanti calabresi, dall’ex sindaca antimafia di Monasterace Maria Carmela Lanzetta in giù, sapendo che il loro partito si allea in Calabria con quello di Giuseppe Scopelliti e Tonino Gentile? Come può la presidente della commissione parlamentare antimafia Rosi Bindi, eletta in Calabria, dire sì all’alleanza con Giuseppe Scopelliti e Tonino Gentile?
Ma c’è di più. Al netto di una condanna e di nuovi capi d’imputazione per l’ex governatore, del commissariamento per ‘ndrangheta della città di cui era stato sindaco, della brutta vicenda che ha costretto Gentile a rinunciare al suo posto da sottosegretario, al netto di tutto questo il Pd, con un’azione del genere, non disconoscerebbe se stesso e tradirebbe il suo popolo e il popolo delle primarie? E ancora: il Pd, nazionale e calabrese, ha un giudizio politico sui 10 anni di amministrazione del centrodestra? O è tutta, sempre e soltanto, una questione di potere?
Perché, davvero, fa tremare i polsi il fatto che una decisione così importante per il futuro della Calabria e dell’Italia possa essere giocata sul semplice piano del potere. Formalizzare in Calabria un’alleanza con Ncd e Udc infatti sancirebbe in maniera inequivocabile che ogni scelta viene presa a partire dagli interessi di chi può in autonomia determinare maggioranza e minoranza nel Paese, da chi ha il potere di far saltare il meccanismo democratico non più “sottobanco” ma sedendosi al tavolo della trattativa con l’atteggiamento spregiudicato di chi comanda. Ecco perché la vicenda calabrese ha poco di locale. È uno spartiacque, il discrimine per il Pd tra politica e potere sfacciato, forse persino tra il bene e il male. Per questi motivi domani alle 12,30 sarò a Lamezia Terme accanto al sindaco Gianni Speranza, per una conferenza stampa convocata all’hotel Lamezia per chiedere se esiste ancora il centrosinistra in Calabria.