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Discussione generale del Decreto 90, sulla trasparenza Pa e l’efficienza uffici giudiziari

Sono tanti i temi affrontati in questo decreto: lavoro pubblico, mobilità obbligatoria, staffetta generazionale. Un decreto che ridimensiona o potremmo dire che quasi annulla il coinvolgimento delle parte sociali. Un elemento che non possiamo che non ritenere negativo: si tratta il lavoro alla stregua di una mera operazione amministrativa da risolvere in maniera ragioneristica. Errori che in passato hanno creato esodati e cancellato diritti. Senza contare che costruire una Pubblica amministrazione più snella, trasparente, aperta, semplice e responsabile, non vuol dire costringere i dipendenti pubblici a misure punitive o tagli indiscriminati.

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Quota 96.
Da qui parte una delle più grandi ingiustizie a cui abbiamo cercato di riparare. Parliamo di Quota 96, e di un emendamento sottoscritto anche da noi per salvaguardare finalmente 4mila esodati della scuola con uno stanziamento di 416 milioni di euro. È il contenuto di una proposta bipartisan approvata tra gli applausi dalla commissione Affari costituzionali, alla fine di una seduta fiume durata più di 13 ore. La politica così risolve un errore che lei stessa a creato, durante il governo tecnico delle larghe intese di Mario Monti, e in particolare l’ingiustizia creata dalla legge Fornero a danno di migliaia di lavoratori gettati in un limbo per anni per una discussa applicazione di una norma che ha loro impedito di andare in pensione nel 2012.

Credo che il Governo debba dare atto del lavoro importantissimo dell’opposizione su questo tema. Fin dall’inizio della legislatura abbiamo raccontato le storie degli esodati e proposto soluzioni per una categoria di invisibili agli occhi dei Governi che si sono susseguiti. Oggi l’approvazione di questo emendamento è una vittoria per tutti: i 416 milioni di cui parliamo saranno suddivisi in cinque anni e saranno recuperati dalla spending review e dagli accantonamenti provenienti dal taglio delle spese dei ministeri, previsti dalla legge di Stabilità 2014.

Scuole di specializzazione.
Nel decreto si affrontano anche i temi riguardanti scuola di specializzazione e abilitazioni scientifiche. È importante che alcune soluzioni individuate negli articoli relativi a questi temi facciano riferimento ad una risoluzione presentata da SEL e approvata in commissione Cultura e Istruzione lo scorso giugno. Ma ovviamente siamo ancora lontani dai risultati richiesti. Per esempio rimane fuori da questo provvedimento la previsione di nuove borse di studio per la scuola di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza in accordo con le necessità espresse dalle Regioni. Oggi ci sono in Italia 20 milioni di accessi all’anno in pronto soccorso. Per l’anno accademico 2012/2013 le borse finanziate sono state 46 contro il fabbisogno espresso dalle Regioni di 241 specialisti dell’emergenza in tutta Italia. Abbiamo interrogato più volte il Governo su questo tema. Per svolgere l’attività di medico d’emergenza è necessario, tuttavia, una specializzazione ad hoc: il medico d’emergenza si trova ad affrontare situazioni ovviamente critiche, spesso deve svolgere più compiti contemporaneamente, deve coprire turni 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno, il che lo porta a lavorare di notte, nei giorni festivi, anche nelle grandi festività. Il medico d’emergenza non sceglie quali pazienti trattare, spesso gestisce situazioni complesse dal punto di vista sociale, che possono sfociare in atti di aggressività verso gli operatori. Questo significa ancora ogni anno l’82% dei posti di lavoro in Pronto Soccorso sono e saranno occupati da personale non specializzato nel settore, con una presenza a macchia di leopardo, nel Paese, di medici specialisti in medicina di emergenza.

Giustizia.
In Commissione ci siamo soffermati su uno dei temi centrali del decreto che si ciba proprio delle complessità burocratiche, delle opacità e dell’indifferenza degli Enti locali, della complicità di alcuni pezzi dello Stato. Parliamo di corruzione e della norma che rivede il sistema di vigilanza degli appalti. Come abbiamo detto più volte – dentro e fuori questa aula – l’antimafia e la lotta alla corruzione è tale solo se si configura come prerequisito dell’agire pubblico, un punto di osservazione della società.

Le vicende giudiziarie, che stanno interessando la realizzazione di opere pubbliche nell’ambito di EXPO 2015 e del MOSE, hanno evidenziato ancora una volta gli effetti del fenomeno della corruzione nel sistema degli appalti pubblici. Tali vicende hanno messo in luce in numerosissime situazioni l’utilizzo spropositato di deroghe alle procedure previste dalla normativa dei contratti pubblici oggi divenuta molto complessa e farraginosa e per ciò stesso intrisa di meccanismi che poco spazio lasciano all’efficienza ed al rispetto dei tempi previsti, alla trasparenza ed alla concorrenza.

Bisognerebbe definire un sistema di controlli chiaro ed efficace allo scopo di prevenire e fronteggiare adeguatamente i fenomeni corruttivi e gli illeciti. Le norme del DL 90 rappresentano solo un piccolo passo verso la necessaria riforma organica e complessiva degli appalti pubblici e delle concessioni, nella prospettiva del recepimento delle nuove direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni.

Il magistrato Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, fortemente voluto dal Governo Renzi, è sicuramente il miglior profilo per guidare il riassetto dopo il passaggio dei poteri dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici all’Anticorruzione. Nel nostro Paese, i problemi si nascondono nei dettagli: come le varianti al massimo ribasso. È importante che Cantone una delle priorità sia proprio la riduzione massima della possibilità di varianti.
Adesso è il momento – come dice anche un nostro emendamento – di coordinare l’attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione; predispore il Piano nazionale anticorruzione; selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiranno elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale.
Una nostra importante indicazione, accolta in Commissione, riguarda l’art. 29, che introduce l’obbligatorietà dell’iscrizione nelle White List per tutte le imprese che operano in uno dei settori a rischio corruzione. La norma attesta un periodo transitorio, in cui per la stipula del contratto sarà sufficiente la presentazione della domanda di iscrizione nelle White List. Con un nostro emendamento – ispirato dalle linee guida della Direzione nazionale antimafia – abbiamo previsto che la stazione appaltante, che abbia aggiudicato e stipulato il contratto o autorizzato il subappalto esclusivamente sulla base della domanda di iscrizione, è obbligata a informare la Prefettura competente di essere in attesa del provvedimento definitivo.

Non c’è più tempo da perdere per la politica.
La mafia continua ad arricchirsi grazie alla corruzione, ad ampliare i propri spazi di manovra, come col gioco d’azzardo, e ad allargare i territori di azione, posizionandosi a Roma, come a Milano, a Torino, nell’intero industrializzato nord: i clan studiano ricerca e innovazione, si adattano, reggono le redini di un sistema economico globale sempre più in espansione. La politica e le istituzioni invece sono rimaste colpevolmente e coscientemente indietro.

È ora che la politica si assuma in pieno le responsabilità. Non andando avanti a super commissari o delegando alla Magistratura mansioni che spettano in primis al potere esecutivo. L’Italia si presenta davanti a scelte importanti sempre con l’acqua alla gola, in situazioni in cui alcuni interventi, proposti per decreto, vengono presentati come non più rinviabili.

Noi vorremmo invece valutare la complessità e i contesti in cui si sviluppano questi fenomeni, promuovendo degli strumenti di prevenzione in sede politica. Perché si continua a commissariare d’urgenza? La politica, quella appunto del prerequisito antimafia, deve ribadire il suo primato.