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Finalmente riconosciuti i professionisti dei beni culturali

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Oggi, con l’approvazione della proposta di legge 362-A,  colmiamo un ritardo diventato cronico in uno dei settori a nostro avviso strategici per far uscire dalla crisi il nostro Paese e dare finalmente il giusto riconoscimento a migliaia di lavoratori e lavoratrici dei beni culturali. Professionisti che avranno, dopo venti anni di derubricazione del tema, il giusto riconoscimento professionale ed economico benché curino, tutelino e valorizzino quotidianamente il patrimonio più importante del nostro Paese, quello per sua natura inestimabile, quello che rappresenta nel mondo “la grande bellezza” italiana.

Sabato scorso ero in piazza del Pantheon insieme a uomini e donne che rivendicavano i loro diritti professionali e una buona occupazione dopo anni e anni di formazione universitaria e specializzazione sul campo. Oggi diamo una risposta concreta a quelle rivendicazioni, inserendo finalmente ruoli e qualifiche dei professionisti nel codice dei beni culturali e del paesaggio.

Questo testo nasce dopo anni di riflessione (fu presentato nel 2008), confronto, dibattito dentro e fuori il Parlamento. Soprattutto in Commissione Cultura dove tante sono state le audizioni e dove molte istanze di associazioni ed enti sono state raccolte anche nell’ultimo comitato ristretto organizzato. Un iter “frenato” dal ritiro delle firme da parte dei colleghi del Movimento Cinque Stelle la scorsa settimana. Ostruzionismo di cui avremmo volentieri fatto a meno e che ha rischiato di allontanare ulteriormente un traguardo a cui arriviamo già da ultimi in classifica.

Il testo che abbiamo votato non fa altro che fotografare l’esistente, mettendo finalmente in termini di legge un lavoro che finora non aveva riconosciuto ruoli e competenze. Rappresenta un passo avanti attraverso la proposta di uno schema ordinato in cui considera professionisti gli archeologi, gli storici dell’arte, gli archivisti, i bibliotecari, i demoetnoantropologi, gli antropologi, gli esperti di diagnostica applicata ai beni culturali, gli storici dell’arte. Professionisti in possesso di adeguata formazione che lavorano per enti statali o per i privati.

È indubbio che qualsiasi norma su questo specifico tema sia sorpassata dall’evoluzione continua del ruolo di professionista dei beni culturali: una professione che vive di aggiornamento e che sta cercando sempre di più di integrarsi con l’information technology, con la comunicazione, con le nuove scienze di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Adesso con questa legge esiste un sistema di garanzie e di qualifiche professionali: identifichiamo precisamente le professioni degli operatori e i requisiti minimi utili a svolgerle. In una direzione che si incrocia con il riordino della formazione universitaria e le sfide globali del mercato. Per questo motivo il testo fa riferimento alla disciplina europea, attenta ai diritti esclusivi e alle regolamentazioni di specifiche categorie. Anche questo un ritardo che si cerca di colmare ma che in passato si sarebbe potuto appianare già con la Convenzione europea de La Valletta del 1992, che l’Italia ancora non ha ratificato. Il ministro Bray si è impegnato più volte alla ratifica e ad un pronto inserimento nell’agenda dei lavori del Consiglio dei ministri.

L’approvazione di questo testo e la ratifica della Convenzione de La Valletta non potranno fare altro che garantire numerosissimi benefici in termini di miglioramento dell’azione di tutela dei beni culturali e del patrimonio, costituendo anche i presupposti base per la creazione di nuovi posti di lavoro. Non nella quantità, quanto nella qualità dell’occupazione

Saranno stabiliti dei registri che il Mibact con decreto entro sei mesi dovrà varare in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, la Conferenza Stato-regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le associazioni professionali. Un decreto che conterrà i requisiti minimi per l’iscrizione ai registri e il riconoscimento delle professioni. Ma vigileremo affinché non sia trattato come un albo professionale. Assieme a questo ribadiamo e sottolineiamo come gli interventi di tutela svolti dai professionisti privati debbano in tutti i modi svolgere una funzione identica a quella dello Stato in materia di tutela del patrimonio culturale.