Il dibattito sul congresso di Sel si è aperto sulle pagine del Manifesto ragionando prima di tutto sui tempi e cioè discutendo sull’annoso dilemma se farlo prima, durante o dopo quello del Pd. Segnale rilevante, che sottolinea come quel partito – ancora e nonostante tutto – rappresenti il soggetto di riferimento per un ragionamento futuro. E, d’altronde, non potrebbe che essere così.
Italia bene comune non è mai stata solo un’alleanza elettorale: teneva dentro una vocazione reale di costruzione del centrosinistra e un’idea forte e concreta di cambiamento del Paese. Pensare pertanto di liquidare quel tentativo significherebbe disconoscere il profilo che abbiamo provato a costruire in questi anni e che coltiviamo in molti enti locali.
Sia chiaro, non ne faccio una questione di logica, la base di partenza è cambiata: il Pd non governa il Paese con noi, ma – male – con il Pdl. Né voglio fare riferimento alla fondazione di Sel, quando ognuno di noi – dandole vita – sosteneva la necessità di scioglierla il prima possibile perché non ci interessava fare l’ennesimo partitino di sinistra. Faccio piuttosto un ragionamento di presa d’atto di un quadro sociale totalmente modificato, che si è tradotto in un voto da decifrare fino in fondo e che invece corriamo il rischio di lasciare in balia di scorciatoie dal respiro corto.
Il pericolo Sinistra l’Arcobaleno (alias Rivoluzione Civile), più volte da noi evocato in campagna elettorale nei confronti di chi aveva mal digerito la nostra alleanza con il Pd, oggi non esiste più. Dentro Sel non è quel fantasma che rischia di farci regredire ma sono altri i percorsi da scongiurare nel nostro dibattito per affermare con fermezza che non ci rinchiuderemo nel perimetro ristretto di noi stessi, che non sceglieremo, per dirla con Vendola, il partito piuttosto che la partita.
Le insidie per me risiedono in un uso strumentale della parola “autonomia” e in un mescolamento con la cultura del “cittadinismo”.
L’autonomia è un valore giusto, fondamentale per un soggetto politico (individuale e collettivo). Eppure dietro questa parola si può celare un desiderio di autosufficienza che, è del tutto evidente, Sel non ha e non può realizzare se non attraverso un percorso di costruzione e di allargamento con ciò che è già in qualche modo riconoscibile seppure oggi lontano: il popolo vasto del centrosinistra diffuso, quella parte amplissima di società che vuole il cambiamento e cerca gli strumenti per praticarlo. E qui arriviamo al “cittadinismo”. La sinistra sociale è in crisi e alcuni fenomeni non sono più interpretabili come meteore quanto piuttosto come aree politiche consolidate, anche indipendentemente dalle ondate elettorali. Per dirla in altri termini, il M5S può anche crollare, come è avvenuto in parte alle amministrative o come è capitato all’Idv, ma non sparirà facilmente la visione di cui è portatore: esiste infatti ormai una cultura politica strutturata che cercherà uno spazio nuovo in cui potersi esplicitare. È un’area che ha tra i suoi dogmi la legalità tout court, la meritocrazia come strumento di giustizia sociale, la difesa oltranzista dell’ambiente. Ed è un’area che ha un’idea protezionista e chiusa nei confronti dell’Europa, che mal digerisce il fenomeno dell’immigrazione e che non considera i diritti civili una priorità per il Paese.
Un discorso a parte meriterebbe il Pd con la sua estenuante e spesso improduttiva dialettica interna ma – per l’analisi delle contraddizioni anche gravi di quello che sagacemente Elettra Deiana ha definito il più grande gruppo misto presente in Parlamento – non basterebbe un intero articolo.
Ecco perché l’autonomia è salutare, ma non andrebbe applicata in relazione a un soggetto politico o un altro, quanto piuttosto rispetto a un’analisi e a un’elaborazione che tiene conto di un quadro sociale completamente mutato e in continua trasformazione. Sel è la testimonianza di questo: dalla derisione al rischio Vendola Presidente del Consiglio, dal silenziamento alle elezioni. Proprio quest’ultimo passaggio è quello che ci ha aperto di più gli occhi sul vero stato del Paese. E su quanto gli assomigliamo.