C’era una volta un impiegato dei nostri ministeri, ad un passo dalla pensione e che si chiamava Giovanni Vivaldi. È la storia classica di una famiglia italiana: viveva con la moglie Amalia e il figlio Mario, disoccupato ma con in tasca un diploma di ragioneria.
In quella Italia che somiglia a quella di oggi c’è anche la storia di un concorso. Per 1200 nuovi posti, al ministero. Il figlio Mario potrebbe ambire a questo lavoro, ma Giovanni è sicuro che potrebbe non farcela a superarlo.
Da qui inizia la storia di un borghese piccolo piccolo.
Non è una storia qualunque. Ci sono tutti gli ingredienti del Paese di oggi. Il puzzo del compromesso, la precarietà, la disoccupazione giovanile e una intera generazione sotto ricatto. Poi la disperazione, il disagio sociale proprio come oggi che quasi cinque milioni d’italiani vivono in una condizione di povertà assoluta a cui la politica spesso non dà risposte.
Volevo ricordare Vincenzo Cerami con ciò di più caro che ci lascia. Con la sua visione del mondo, della vita e delle classi sociali. Partendo da una storia immortale tanto nel suo libro che al cinema con un grandissimo Alberto Sordi nei panni di Giovanni Vivaldi. E dietro la macchina da presa un indimenticabile Mario Monicelli.
Oggi piangiamo la perdita di uno straordinario scrittore, sceneggiatore e drammaturgo. In oltre 40 anni di carriera ha lavorato per artisti come Bellocchio, Amelio, Scola, Sergio Citti, Pasolini e Benigni con cui venne candidato all’Oscar per La vita è bella.
Ci lascia un intellettuale che con la sua opera ci pone tante domande e vuole tante risposte. A meno di non essere anche noi dei borghesi piccoli piccoli.