Ieri Enrico Piovesana sul Fatto quotidiano scriveva un pezzo sui costi della “Festa della Repubblica armata”, un’inchiesta giornalistica sulle spese delle forze armate italiane. Secondo i dati in possesso dal giornalista, il Ministero della Difesa ha investito 5,4 miliardi per gli armamenti, attingendo in alcuni casi anche ai fondi dai bilanci di altri dicasteri: in primis da quello dello Sviluppo Economico e poi dal Ministero dell’Istruzione.
In particolare, secondo Il Fatto quotidiano, vengono sottratti all’Istruzione, tramite il Cnr, «50 milioni di euro (5 quest’anno e il resto nel prossimo biennio) per l’acquisizione di una nave da guerra che servirà a fornire supporto alle forze speciali e a scorrere i sommergibili». Altri 97 milioni, nei prossimi tre anni, sarebbero «destinati dal Miur, attraverso l’Agenzia spaziale (Asi), al cofinanziamento del programma satellitare militare Cosmos-Skymed». Dati che se fossero confermati costituirebbero un pericoloso precedente. Con i 50 milioni “distratti” dai capitoli dell’Istruzione si potrebbero, ad esempio, finanziare più di 15 mila borse di studio. In un Paese in cui i finanziamenti all’istruzione sono al di sotto delle necessità e in cui il tasso di abbandono scolastico è superiore alla media europea, sottrarre capitoli di bilancio e destinarli alle armi da guerra è un gesto incomprensibile.
Nelle settimane scorse il ministro della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha dichiarato che si sarebbe dimessa dal suo incarico in caso di tagli al bilancio del suo dicastero. A questo punto con i colleghi Marcon, Duranti, Fratoianni, Giordano e Piras abbiamo presentato un’interrogazione a risposta scritta alla ministra, per capire se è a conoscenza della destinazione di tali fondi a favore di un investimento della Difesa. Per capire soprattutto se condivide questa scelta. Sperando che al più presto possa ridiscutere questa scelta e ripristinare i fondi stornati.